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Pietro Metastasio
Ruggiero

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ATTO TERZO

 

 

 

SCENA PRIMA

 

Gabinetti negli appartamenti di Bradamante con balconi a vista de’ giardini, e sedili all’intorno.

 

Clotilde sbigottita, poi Ottone

 

CLOT.

No, della pugna atroce

Il vicino a mirar tragico fine,

No, valor non mi sento. Oh sconsigliato

Leone! oh troppo fiera

Barbara Bradamante! Io gelo, io sudo,

Il piè mi regge a pena. Ottone, ah taci! (vedendolo venire)

Io di Leon lo scempio

Mirar non volli ed ascoltar non oso.

OTT.

Lo scempio di Leon! Leone è sposo.

CLOT.

Che?

OTT.

Sì, Leone è il vincitor.

CLOT.

Ma come?

OTT.

Odimi sol. Ne’ primi assalti il noto

Moderò Bradamante

Suo temuto valore: i colpi suoi

Non eran che minacce. Ella atterrito

Sperò (cred’io) spingerlo fuor del chiuso

Recinto marzial, ma tutte in vano

L’arti adoprò. S’avvide poi che lungi

Era già poco il termine prescritto

Al permesso conflitto, e tutto all’ira

Il freno allora abbandonò. Si scaglia

Con impeto minore orsa ferita

Contro il suo feritor, di quel con cui

La feroce guerriera

Contro lui si scagliò...

CLOT.

Pur troppo il vidi:

Nol sostenni e fuggii.

OTT.

L’incalza, il preme;

Al volto, al fianco, al petto

Quasi in un punto solo

Gli affretta il ferro; ei si difende, ed ella

S’irrìta alla difesa, e le percosse

Furibonda raddoppia. Un così fiero

Spettacolo, o Clotilde,

Figurarti non puoi. Veduto avresti

Uscir dagli occhi suoi

Lampi di sdegno, e lucide scintille

Da’ brandi ripercossi a mille a mille

CLOT.

E il povero Leon?

OTT.

Leon gli esempi

Di qualunque valor vinse d’assai.

Senza offenderla mai,

Senza colpo accennar, solo opponendo

Al fulminar dell’inimico acciaro

Or la spada or lo scudo, o i fieri incontri

Sol co’ maestri giri

Del franco piè schivando, in tal procella

Sempre illeso restò. Scorse frattanto

Il tempo di pugnar: termine all’ire

Imposero le trombe: a lei dal corso

Del furor che l’invase

Cessar convenne: ei vincitor rimase.

CLOT.

Crederlo io posso a pena.

OTT.

Agli occhi tuoi

Creder lo déi. Vedi colà che torna

Al proprio albergo il vincitor. Non vedi

Che i suoi Greci ha d’intorno e che il festivo

Popolo l’accompagna?

CLOT.

È ver. Per sempre

Ecco dunque divisi

Bradamante e Ruggier. Che orridi istanti

Per due sì fidi amanti

Saran mai questi, Ottone! Ai primi assalti

D’un tal dolor l’abbandonarli soli

È crudeltà. Di lui tu cerca: io lei

Qui attenderò. Nostro dover mi sembra

L’assister gl’infelici

In caso sì funesto.

OTT.

Anzi d’ognun sacro dovere è questo.

 

Di pietà, d’aita indegno

A ragion se stesso rende

Chi di sé cura sol prende,

Chi soccorso altrui non dà.

Questa innata alterna cura

Giusta legge è di natura:

La prescrive a ognun che vive

La pietosa umanità. (parte)

 

 

 




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