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Pietro Metastasio
Ruggiero

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SCENA SESTA

 

Clotilde, poi Leone

 

CLOT.

Così confusa io sono

Fra lo stupore e la pietà, che a pena

Mi ricordo di me. Chi tanto amore,

Chi vide mai tanta virtù?

LEO.

La mia

Bradamante dov’è?

CLOT.

D’Augusto appresso

Lo sposo attende; e strano assai mi sembra

Che prevenir Leon si lasci.

LEO.

A lei

Di volo andrò; ma prima io voglio il caro

Erminio rinvenir: de’ miei contenti

Essere ei deve a parte.

CLOT.

Ah, prence, in pace

Lascia il povero Erminio; assai fin ora

Lacerasti quell’alma.

LEO.

Io!

CLOT.

Sì: ti basti

Quanto per te soffrì.

LEO.

Per me! Non sai

Dunque a qual segno io l’amo. A conservarlo

Me stesso esposi.

CLOT.

Il conservasti Erminio,

E l’uccidi Ruggier.

LEO.

Come?

CLOT.

È Ruggiero

Quel ch’Erminio tu chiami.

LEO.

Eh, sogni!

CLOT.

Io veglio,

Leon, pur troppo.

LEO.

Il mio diletto Erminio

È il famoso Ruggier?

CLOT.

Sì, quell’istesso

Che, noto al mondo intero,

Solo incognito è a te; quel che sì fido

Bradamante adorò; quel che la perde

Per tua cagion; che dall’amor trafitto,

Che oppresso dal dolor corre a gran passi

Verso il suo fine, e fa pietade ai sassi.

 

Ah, come tu non sai

Il cor si senta in sen

Chi l’adorato ben

Rapir si vede!

Chi nol provò giammai

Intenderlo non può:

E al cor che lo provò

Non può dar fede. (parte)

 

 

 




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