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Pietro Metastasio
Romolo ed Ersilia

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SCENA QUINTA

 

Acronte, indi Curzio in abito parimente romano.

 

ACR.

Già un sinistro all’impresa

Augurio è quest’incontro. Eh, non si scemi

Però d’ardir! Roma si strugga. Io solo

Co’ Ceninesi miei già pronti all’opra,

La lenta de’ Sabini

Vendetta affretterò. Ma pria conviene

D’Ersilia assicurarsi. In mezzo all’ire

Un ostaggio sì grande

Vacillar mi farebbe. Ho già chi a lei

Scortar mi dee; ma nol rinvengo. Altrove

Cerchisi... (s’incontrano Curzio ed Acronte, e restano qualche istante immobili a guardarsi)

Curzio!

CUR.

Acronte!

ACR.

Sei pur tu?

CUR.

Non m’inganno?

ACR.

Degli Antemnati il prence in Roma?

CUR.

In Roma

De’ Ceninesi il prence?

ACR.

Io, stanco al fine

Delle pigre ire vostre,

Sciolsi il freno alle mie. Sol io di tutti

Gli oltraggiati Sabini

L’onor vendicherò. Roma vogl’io

Oggi assalir. Di questa i men difesi,

I più deboli siti

Era d’uopo esplorar: né volli ad altri

Che a me solo fidarmi. Ah! se l’istesso

Stimolo impaziente

Te guida ancor, t’unisci a me. L’antico

Tu meco odio sospendi; io dell’oltraggio,

Ch’Ersilia a me negasti,

Per or mi scorderò. Solo per ora

L’onor ci parli; e fin che al mondo intero

La dovuta vendetta

Dell’offesa comun non sia palese,

Taccia il rancor delle private offese.

CUR.

Ma sai qual ne sovrasta

Oggi ingiuria novella? Oggi si denno

Celebrar de’ Romani

Con le nostre Sabine

I solenni imenei. Fra noi sicura

Fama ne giunse; e quei, ch’io veggo intorno,

Apparati festivi

Provan che non mentì. L’idea non posso

Né men soffrirne; e, senza

Sapere ancor per qual cammin, la figlia

A liberar da questi

Imenei m’affrettai.

ACR.

Tardi giungesti.

CUR.

Come?

ACR.

Il solenne rito,

Principe, è già compito.

CUR.

Oimè! sarebbe

Ersilia ancor... No; la conosco: è troppo

De’ suoi costumi e de’ paterni imperi

Tenace, rispettosa,

Rigida osservatrice.

ACR.

E pure è sposa.

CUR.

Chi l’afferma? Onde il sai?

ACR.

Tutta io pur or mirai,

Qui fra il volgo confuso in queste spoglie,

La pompa nuziale.

CUR.

Ed era Ersilia...

ACR.

Ed era Ersilia anch’essa

Della romana gioventù feroce

Fra le spose festive.

CUR.

Oh colpo atroce! (si getta a sedere fiero e pensoso)

ACR.

Arrestarsi or perché? Tardo è il riparo;

Pronta sia la vendetta. I tuoi guerrieri

Corri, vola ad unir. Con me congiura

Di Roma alla ruina.

CUR.

(Ersilia! una mia figlia! una sabina!)

ACR.

(Né pur m’ascolta. Ah! quello sdegno insano

Può tumulti destar, può alla rapina,

Che meditai d’Ersilia

Ostacoli produrre. È saggia cura

Prevenirne gli effetti). E ben, poss’io,

Curzio, saper da te...

CUR.

Lasciami solo.

ACR.

Tu il vuoi? ti lascio (E al mio disegno io volo). (parte)

 

 

 




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