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Pietro Metastasio
Semiramide

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ATTO PRIMO

 

 

 

SCENA PRIMA

 

Gran portico del palazzo reale corrispondente alle sponde dell’Eufrate. Trono da un lato, alla sinistra del quale un sedile più basso per Tamiri. In faccia al suddetto trono tre altri sedili. Ara nel mezzo con simulacro di Belo, deità de’ Caldei. Gran, ponte praticabile ornato di statue.

Vista di tende e soldati su l’altra sponda.

 

Semiramide creduta Nino, con guardie; poi Sibari

 

SEMIR.

Olà, sappia Tamiri

Che i principi son pronti,

Che fuman l’are, che al solenne rito

Di già l’ora s’appressa,

Che il re l’attende. (ricevuto l’ordine, parte una guardia: nel mentre che parla Semiramide, esce Sibari, guardandola con meraviglia)

SIB.

(Io non m’inganno: è dessa).

Lascia che a’ piedi tuoi... (s’inginocchia)

SEMIR.

Sibari! (Oh dèi!

S’allontani ciascun. (le guardie si ritirano in lontano)

(Che incontro!) Sorgi.

Dall’Egitto in Assiria

Quale affar ti conduce?

SIB.

È noto altrove

Che la real Tamiri,

Dell’impero de’ Battri unica erede,

Qui scegliendo lo sposo, oggi decide

L’ostinate contese

Che il volto suo, che il suo retaggio accese.

Sperai fra queste mura

Tutta l’Asia mirar; ma non sperai

In sembianza viril sul trono assiro

Di ritrovar la sospirata e pianta

Principessa d’Egitto

Semiramide.

SEMIR.

Ah! taci: in questo luogo

Nino ciascun mi crede, e il palesarmi

Vita, regno ed onor potria costarmi.

SIB.

Che ascolto! È teco Idreno?

Che fa? dov’è?

SEMIR.

Di quell’ingrato il nome

Non rammentarmi. Abbandonai con lui

La patria, il regno, il genitor, le nozze

Del monarca numida;

E pur, nol crederai, l’istesso Idreno,

Che m’indusse a fuggir, tentò svenarmi.

SIB.

Quando?

SEMIR.

La notte istessa

Ch’io seco andai, del Nilo

Dalla pendente riva

Ei mi gettò ferita e semiviva.

SIB.

Ma la cagione?

SEMIR.

Oh Dio!

La cagione io non so.

SIB.

(La so ben io).

Come restasti in vita?

SEMIR.

Unica e lieve

Fu la ferita; e la selvosa sponda

Co’ pieghevoli salci

La caduta scemò, mi tolse a morte.

SIB.

Qual fu poi la tua sorte?

SEMIR.

In mille guise

Spoglia e nome cangiai;

Scorsi cittadi e selve;

Fra tende e fra capanne

Il brando strinsi, pascolai gli armenti:

Or felice, or meschina

Pastorella, guerriera e pellegrina;

Fin che il monarca assiro,

Fosse merito o sorte,

Del talamo real mi volle a parte.

SIB.

E all’estinto tuo sposo

Non successe nel regno il picciol Nino?

SEMIR.

Il crede ognun: la somiglianza inganna

Del mio volto col suo.

SIB.

Ma come il soffre?

SEMIR.

Effeminato e molle

Fu mia cura educarlo.

SIB.

(E quando spero

Miglior tempo a scoprirle i miei martìri?

Ardir). Sappi...

SEMIR.

T’accheta: ecco Tamiri. (vedendo venir Tamiri)

 

 

 




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