Indice: Generale - Opera | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
Pietro Metastasio Siroe IntraText CT - Lettura del testo |
ATTO PRIMO
SCENA PRIMA
Gran tempio dedicato al Sole, con aria e simulacro del medesimo.
Cosroe, Siroe e Medarse
COS. |
Figli, io non son del regno Men padre che di voi. Se a voi degg’io Il mio tenero affetto, al regno io deggio Un successore, in cui Della real mia sede Riconosca la Persia un degno erede. Oggi un di voi sia scelto: e quello io voglio Che meco il soglio ascenda, E meco il freno a regolarne apprenda. Felice me, se pria Che m’aggravi le luci il sonno estremo, Potrò veder sì glorioso il figlio, Che, in pace o fra le squadre, Giunga la gloria ad oscurar del padre. |
MED. |
Tutta dal tuo volere La mia sorte dipende. |
SIR. |
E in qual di noi Il più degno ritrovi? |
COS. |
Eguale è il merto. Amo in Siroe il valore, La modestia in Medarse; In te l’animo altero, (a Siroe) La giovanile etade in lui mi spiace; Ma i difetti d’entrambi il tempo e l’uso A poco a poco emenderà. Frattanto Temo che a nuovi sdegni La mia scelta fra voi gli animi accenda Ecco l’ara, ecco il nume: Giuri ciascun di tollerarla in pace, E giuri al nuovo erede Serbar, senza lagnarsi, ossequio e fede. |
SIR. |
(Che giuri il labbro mio? Ah no!) |
MED. |
Pronto ubbidisco. (Il re son io). ‘A te, nume fecondo, Cui tutti deve i pregi suoi natura S’offre Medarse, e giura Porgere al nuovo rege il primo omaggio. Il tuo benigno raggio, S’io non adempio il giuramento intero, Splenda sempre per me torbido e nero.’ |
COS. |
Amato figlio! Al nume, Siroe, t’accosta, e dal minor germano Ubbidienza impara. |
MED. |
Ei pensa e tace. |
COS. |
Deh, perché la mia pace Ancor non assicuri? Perché tardi? Che pensi? |
SIR. |
E vuoi ch’io giuri? Questa ingiusta dubbiezza Abbastanza m’offende. E quali sono I vanti onde Medarse aspiri al trono? Tu sai, padre, tu sai Di quanto lo prevenne il nascer mio. Era avvezzo il mio core Già gl’insulti a soffrir d’empia fortuna, Quando udì il genitore I suoi primi vagiti entro la cuna. Tu sai di quante spoglie Siroe fin ora i tuoi trionfi accrebbe; Tu sai quante ferite Mi costi la tua gloria. Io sotto il peso Gemea della lorica in faccia a morte, Fra il sangue ed il sudore; ed egli intanto Traeva in ozio imbelle Fra gli amplessi paterni i giorni oscuri. Padre, sai tutto questo, e vuoi ch’io giuri? |
COS. |
So ancor di più. Fin del nemico Asbite So ch’Emira la figlia Amasti a mio dispetto, e mi rammento Che sospirar ti vidi Nel dì ch’io tolsi a lui la vita e ’l regno. Odio allor mi giurasti; E, se Emira vivesse, Chi sa fin dove il tuo furor giungesse. |
SIR. |
Appaga pure, appaga Quel cieco amor che a me ti rende ingiusto. Sconvolgi per Medarse Gli ordini di natura. Il vegga in trono Dettar leggi la Persia; e me frattanto, Confuso tra la plebe De’ popoli vassalli, Imprimer vegga in su l’imbelle mano Baci servili al mio minor germano. Chi sa? Vegliano i numi In aiuto agli oppressi. Egli è secondo D’anni e di merti, e ci conosce il mondo. |
COS. |
Infino alle minacce, Temerario, t’inoltri? Io voglio... |
MED. |
Ah, padre! Non ti sdegnare. A lui concedi il trono: Basta a me l’amor tuo. |
COS. |
No, per sua pena Voglio che in questo dì suo re t’adori: Voglio oppresso il suo fasto, e veder voglio Qual mondo s’armi a sollevarlo al soglio.
Se il mio paterno amore Sdegna il tuo core altero, Più giudice severo Che padre a te sarò. E l’empia fellonia Che forse volgi in mente, Prima che adulta sia, Nascente opprimerò. (parte) |