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Pietro Metastasio
Siroe

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SCENA QUARTA

 

Emira e Siroe

 

SIR.

Bella Emira adorata.

EMI.

Taci, non mi scoprir: chiamami Idaspe.

SIR.

Nessun ci ascolta, e solo

A me nota qui sei.

Senti qual torto io soffro

Dal padre ingiusto.

EMI.

Io già l’intesi; e intanto

Siroe che fa? Riposa

Stupido e lento in un letargo indegno?

E, allor che perde un regno,

Quasi inerme fanciullo armi non trova,

Onde contrasti al suo destin crudele,

Che infecondi sospiri e che querele?

SIR.

Che posso far?

EMI.

Che puoi?

Tutto potresti. A tuo favor di sdegno

Arde il popol fedele. Un colpo solo

Il tuo trionfo affretta,

Ed unisce alla tua la mia vendetta.

SIR.

Che mi chiedi, mia vita?

EMI.

Un colpo io chiedo

Necessario per noi. Sai qual io sia?

SIR.

Lo so: l’idolo mio,

L’indica principessa, Emira sei.

EMI.

Ma quella io sono, a cui da Cosroe istesso

Asbite, il genitor, fu già svenato;

Ma son quella infelice

Che sotto ignoto ciel, priva del regno,

Erro lontan dalle paterne soglie,

Per desio di vendetta, in queste spoglie.

SIR.

Oh Dio! per opra mia

Nella reggia t’avanzi, e giungi a tanto

Che di Cosroe il favor tutto possiedi;

E, ingrata a tanti doni,

Puoi rammentarti e la vendetta e l’ira?

EMI.

Ama Idaspe il tiranno, e non Emira.

Pensa, se tua mi brami,

Ch’io voglio la sua morte.

SIR.

Ed io potrei

Da Emira essere accolto

Immondo di quel sangue,

E coll’orror d’un parricidio in volto?

EMI.

Ed io potrei, spergiura,

Veder del padre mio l’ombra negletta,

Pallida e sanguinosa

Girarmi intorno e domandar vendetta;

E fra le piume intanto

Posar dell’uccisore al figlio accanto?

SIR.

Dunque...

EMI.

Dunque, se vuoi

Stringer la destra mia, Siroe, già sai

Che devi oprar.

SIR.

Non lo sperar giammai.

EMI.

Senti: se il tuo mi nieghi,

È già pronto altro braccio. In questo giorno

Compir l’opra si deve, e sono io stessa

Premio della vendetta. Il colpo altrui

Se la tua destra prevenir non osa,

Non salvi il padre e perderai la sposa.

SIR.

Ah, non son questi, o cara,

Que’ sensi onde addolcivi il mio dolore.

Qui l’odio ti conduce,

E fingi a me che ti conduca amore.

EMI.

Io ti celai lo sdegno,

Fin che Cosroe fu padre; or ch’è tiranno,

Vendicar teco volli i torti miei,

Né il figlio in te più ritrovar credei.

SIR.

Parricida mi brami! E sì gran pena

Merta l’ardir d’averti amata?

EMI.

Assai

M’è palese il tuo cor: no, che non m’ami.

SIR.

Non t’amo?

EMI.

Ecco Laodice: ella, che gode

L’amor tuo, lo dirà.

SIR.

Soffro costei

Sol per Cosroe, che l’ama: in lei lusingo

Un potente nemico.

 

 

 




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