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Pietro Metastasio
Siroe

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SCENA QUINDICESIMA

 

Emira, Medarse e Laodice

 

MED.

Avresti mai creduto

In Siroe un traditor?

LAOD.

Tanto infedele

Lo prevedesti, e temerario tanto?

EMI.

E qual viltade è questa

D’insultar chi non v’ode? Al fin dovrebbe

Più rispetto Medarse ad un germano,

A un principe Laodice:

Non sempre delinquente è un infelice.

MED.

Che pietà!

LAOD.

Che difesa!

MED.

E tu fin ora

Non l’insultasti?

LAOD.

Or qual cagion ti muove

A sdegnarti con noi?

EMI.

A me lice insultarlo, e non a voi.

MED.

Così presto ti cangi? Or lo difendi,

Or lo vorresti oppresso.

EMI.

A voi par ch’io mi cangi, e son l’istesso.

LAOD.

L’istesso! Io non t’intendo.

MED.

Eh! non produce

Sì diversa favella un sol pensiero.

EMI.

So che strano vi sembra, e pure è vero.

 

Vedeste mai sul prato

Cader la pioggia estiva?

Talor la rosa avviva

Alla viola appresso:

Figlio del prato istesso

È l’uno e l’altro fiore,

Ed è l’istesso umore

Che germogliar li fa.

Il cor non è cangiato,

Se accusa o se difende:

Una cagion m’accende

Di sdegno e di pietà. (parte)

 

 

 




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