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Pietro Metastasio
Temistocle

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ATTO PRIMO

 

 

 

SCENA PRIMA

 

Deliziosa nel palazzo di Serse.

 

Temistocle e e Neocle

 

TEMIS.

Che fai?

NEOC.

Lascia ch’io vada

Quel superbo a punir. Vedesti, o padre,

Come ascoltò le tue richieste? E quanti

Insulti mai dobbiam soffrir?

TEMIS.

Raffrena

Gli ardori intempestivi. Ancor supponi

D’essere in Grecia, e di vedermi intorno

La turba adulatrice,

Che s’affolla a ciascun quando è felice?

Tutto, o Neocle, cambiò. Debbono i saggi

Adattarsi alla sorte. È del nemico

Questa la reggia: io non son più d’Atene

La speranza e l’amor. Mendico ignoto,

Esule, abbandonato,

Ramingo, discacciato,

Ogni cosa perdei: sola m’avanza,

E il miglior mi restò, la mia costanza.

NEOC.

Ormai, scusa, o signor, quasi m’irrìta

Questa costanza tua. Ti vedi escluso

Da quelle mura istesse

Che il tuo sangue serbò; trovi per tutto

Della patria inumana

L’odio persecutor che ti circonda,

Che t’insidia ogni asilo, e vuol ridurti

Che a tal segno si venga,

Che non abbi terren che ti sostenga:

E lagnar non t’ascolto!

E tranquillo ti miro! Ah! come puoi

Soffrir con questa pace

Perversità sì mostruosa?

TEMIS.

Ah! figlio,

Nel cammin della vita

Sei nuovo pellegrin: perciò ti sembra

Mostruoso ogni evento. Il tuo stupore

Non condanno però: la meraviglia

Dell’ignoranza è figlia

E madre del saper. L’odio, che ammiri,

È de’ gran benefizi

La mercé più frequente. Odia l’ingrato,

E assai ve n’ha, del benefizio il peso

Nel suo benefattor; ma l’altro in lui

Ama all’incontro i benefizi sui.

Perciò diversi siamo:

Quindi m’odia la patria, e quindi io l’amo.

NEOC.

Se solo ingiusti, o padre,

Fosser gli uomini teco, il soffrirei;

Ma con te sono ingiusti ancor gli dèi.

TEMIS.

Perché?

NEOC.

Di tua virtù premio si chiama

Questa misera sorte?

TEMIS.

E, fra la sorte

O misera o serena,

Sai tu ben quale è premio e quale è pena?

NEOC.

Come?

TEMIS.

Se stessa affina

La virtù ne’ travagli, e si corrompe

Nelle felicità. Limpida è l’onda

Rotta fra’ sassi, e, se ristagna, è impura.

Brando, che inutil giace,

Splendeva in guerra, è rugginoso in pace.

NEOC.

Ma il passar da’ trionfi

A sventure sì grandi...

TEMIS.

Invidieranno

Forse l’età future,

Più che i trionfi miei, le mie sventure.

NEOC.

Sia tutto ver. Ma qual cagion ti guida

A cercar nuovi rischi in questo loco?

L’odio de’ Greci è poco? Espor de’ Persi

Anche all’ire ti vuoi? Non ti sovviene

Che l’assalita Atene

Uscì per te di tutta l’Asia a fronte,

Serse derise e il temerario ponte?

Deh! non creder sì breve

L’odio nel cor d’un re. Se alcun ti scopre,

A chi ricorri? Hai gran nemici altrove:

Ma qui son tutti. A ciascheduno ha tolto,

Nella celebre strage il tuo consiglio

O l’amico o il congiunto o il padre o il figlio.

Deh! per pietà, signore,

Fuggiam...

TEMIS.

Taci: da lungi

Veggo alcuno appressar. Lasciami solo;

Attendimi in disparte.

NEOC.

E non poss’io

Teco, o padre, restar?

TEMIS.

No: non mi fido

Della tua tolleranza; e il nostro stato

Molta ne chiede.

NEOC.

Ora...

TEMIS.

Ubbidisci.

NEOC.

Almeno

In tempesta sì fiera

Abbi cura di te.

TEMIS.

Va; taci e spera.

NEOC.

Ch’io speri! Ah! padre amato,

E come ho da sperar?

Qual astro ha da guidar

La mia speranza?

Mi fa tremar del fato

L’ingiusta crudeltà;

Ma più tremar mi fa

La tua costanza. (parte)

 

 

 




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