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Pietro Metastasio
Temistocle

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SCENA ULTIMA

 

Temistocle e detti, poi Sebaste in fine.

 

SER.

Pur, Temistocle, al fine

Risolvesti esser mio. Torna agli amplessi

D’un re, che tanto onora... (volendo abbracciarlo)

TEMIS.

Ferma. (ritirandosi con rispetto)

SER.

E perché?

TEMIS.

Non ne son degno ancora.

Degno pria me ne renda

Il grand’atto a cui vengo.

SER.

È già su l’ara

La necessaria al rito

Ricolma tazza. Il domandato adempi

Giuramento solenne; e in lui cominci

Della Grecia il castigo.

TEMIS.

Esci, o signore,

Esci d’inganno. Io di venir promisi,

Non di giurar.

SER.

Ma tu...

TEMIS.

Sentimi, o Serse;

Lisimaco, m’ascolta; udite, o voi

Popoli spettatori,

Di Temistocle i sensi; e ognun ne sia

Testimonio e custode. Il fato avverso

Mi vuole ingrato o traditor. Non resta,

Fuor di queste due colpe,

Arbitrio alla mia scelta,

Se non quel della vita,

Del Ciel libero dono. A conservarmi

Senza delitto altro cammin non veggo

Che il cammin della tomba, e quello eleggo.

LIS.

(Che ascolto!)

SER.

(Eterni dèi)

TEMIS.

(trae dal petto il veleno) Questo, che meco

Trassi compagno al doloroso esiglio,

Pronto velen l’opra compisca. Il sacro

Licor, la sacra tazza (lo lascia cader nella tazza)

Ne sian ministri; ed all’offrir di questa

Vittima volontaria

Di fé, di gratitudine e d’onore,

Tutti assistan gli dèi.

ASP.

(Morir mi sento).

SER.

(M’occupa lo stupor).

TEMIS.

(a Lisimaco)

Della mia fede

 

Tu, Lisimaco, amico,

Rassicura la patria, e grazia implora

Alle ceneri mie. Tutte perdono

Le ingiurie alla fortuna,

Se avrò la tomba ove sortii la cuna.

(a Serse) Tu, eccelso re, de’ benefizi tuoi

Non ti pentir: ne ritrarrai mercede

Dal mondo ammirator. Quella, che intanto

Renderti io posso (oh dura sorte!), è solo

Confessarli e morir. Numi clementi,

Se dell’alme innocenti

Gli ultimi voti han qualche dritto in cielo,

Voi della vostra Atene

Proteggete il destin, prendete in cura

Questo re, questo regno; al cor di Serse

Per la Grecia inspirate

Sensi di pace. Ah! sì, mio re, finisca

Il tuo sdegno in un punto e il viver mio.

Figli, amico, signor, popoli, addio! (prende la tazza)

SER.

Ferma! che fai? Non appressar le labbra

Alla tazza letal.

TEMIS.

Perché?

SER.

Soffrirlo

Serse non debbe.

TEMIS.

E la cagion?

SER.

Son tante

Che spiegarle non so. (gli leva la tazza)

TEMIS.

Serse, la morte

Tormi non puoi: l’unico arbitrio è questo

Non concesso a’ monarchi.

SER.

(getta la tazza)

Ah! vivi, o grande

 

Onor del secol nostro. Ama, il consento,

Ama la patria tua; ne è degna: io stesso

Ad amarla incomincio. E chi potrebbe

Odiar la produttrice

D’un eroe, qual tu sei, terra felice?

TEMIS.

Numi! ed è ver? tant’oltre

Può andar la mia speranza?

SER.

Odi, ed ammira

Gl’inaspettati effetti

D’un’emula virtù. Su l’ara istessa,

Dove giurar dovevi

Tu l’odio eterno, eterna pace io giuro

Oggi alla Grecia. Ormai riposi, e debba,

Esule generoso,

A sì gran cittadino il suo riposo.

TEMIS.

O magnanimo re, qual nuova è questa

Arte di trionfar! D’esser sì grandi

È permesso a’ mortali? Oh Grecia! oh Atene!

Oh esiglio avventuroso!

ASP.

Oh dolce istante!

NEOC.

Oh lieto dì!

LIS.

Le vostre gare illustri,

Anime eccelse, a pubblicar lasciate

Ch’io voli in Grecia. Io la prometto grata

A donator sì grande,

A tanto intercessor.

SEB.

De’ falli miei,

Signor, chiedo il castigo. Odio una vita,

Che a te... (inginocchiandosi)

SER.

Sorgi, Sebaste: oggi non voglio

Respirar che contenti. A te perdono;

In libertà gli affetti

Lascio d’Aspasia; e la real mia fede

Di Rossane all’amor dono in mercede.

ASP.

Ah, Lisimaco!

ROSS.

Ah, Serse!

TEMIS.

Amici numi,

Deh! fate voi ch’io possa

Esser grato al mio re.

SER.

Da’ numi implora

Che ti serbino in vita,

E grato mi sarai. Se con l’esempio

Di tua virtù la mia virtude accendi,

Più di quel ch’io ti do, sempre mi rendi.

CORO

Quando un’emula l’invita,

La virtù si fa maggior,

Qual di face a face unita

Si raddoppia lo splendor.




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