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Il cadavere di Lazaro sarà steso sul nudo suolo, dentro la casa, poggiato il capo a un fascio di sermenti, secondo il costume. E le Lamentatrici gli staranno d'intorno inginocchiate. Di loro una intonerà, l'altre in coro voceranno; e per fare il lamento si chineranno l'una verso l'altra tenendo fronte con fronte. Sotto il portico, fra l'aratro e il tino, staranno le donne del parentado, e Splendore e Favetta. Più oltre, Vienda di Giave sarà seduta su una pietra, con l'aspetto di una morente, confortata dalla sua madre e dalla sua madrina. Sola Ornella sarà sotto l'albero, con lo sguardo rivolto verso il sentiero. Tutte in gramaglia.
IL CORO DELLE LAMENTATRICI: Iesu Cristo, Iesu Cristo,
tutto, 'l monte isbigottire.
la sua faccia ricuoprire.
Ahi, ahi! Lazaro, Lazaro, Lazaro!
Ahi, che pianto si piange per te!
Requiem aeternam dona ei, Domine.
ORNELLA: Ora viene! Ora viene! Si vede
lo stendardo nero, e la polvere.
che il cuor non le scoppi... Fra poco
viene. Ecco, laggiù alla svolta,
SPLENDORE: Maria della Pietà, pel tuo Figlio
messo in croce, tu sola puoi dirlo
alla madre, e tu parlale dentro!
(Alcune donne esciranno del portico a guardare).
ANNA DI BOVA: È il cipresso del campo a Fiumorbo.
FELÀVIA SÈSARA: È l'ombra del nuvolo in terra.
ORNELLA: Non è né il cipresso né l'ombra
del nuvolo, donne. Io lo vedo:
né il cipresso né il nuvolo, ahimè.
che l'accompagna. Ora viene,
del consólo e andarsene a Dio.
Ah perché non moriamo noi tutte
dietro a lui? Sorelle, sorelle!
(Le sorelle si volgeranno alla porta e guateranno).
IL CORO DELLE LAMENTATRICI: Iesu Iesu, meglio era
e guancial non gli è permesso!
Ahi, ahi! Lazaro, Lazaro, Lazaro!
Requiem aeternam dona ei, Domine.
SPLENDORE: Favetta, va tu; va e parla.
ch'ella senta e si volga. Seduta
sta, fisa; e ciglio non muove,
Vergine di misericordia,
non le togliere il senno, alla misera!
Fa che ci guardi e negli occhi
nostri si riconosca la misera!
Ma io cuore non ho di toccarla.
Sorella, va e dille: Ecco viene.
FAVETTA: Né io non ho cuore. Ho spavento.
com'era prima che fossimo
in doglia. Incanutita s'è tutta,
il suo capo. Mi pare che nostra
e che stia seduta su quella
pietra da cent'anni e per altri
cent'anni, e più non si ricordi
Più chiusa di quella ch'è fatta
Come dunque parlare potrà?
Io non la tocco, io non le dico:
Ecco viene. Se si scuote,
SPLENDORE: Ah perché siamo nate, sorelle?
Perché ci partorì nostra madre?
Ci prendesse tutte in un fascio
IL CORO DELLE PARENTI: - Ah che pietà, creature!
vi rialzerà, se v'ha stronche.
- Dio vi dà la trista vendemmia
ma forse l'oliva sarà
- E c'è una che forse è più misera
di voi, c'è una che stava
nella sua casa, in mezzo al suo pane,
qui entrò, s'addormì, si svegliò
- E quella non si lagna e non lacrima.
ORNELLA: Ecco viene Femo di Nerfa
al Tabernacolo bianco.
Sorelle, volete ch'io stessa
quel che bisogna. Ma, Dio
ed ei sopraggiunge e la chiama
e all'improvviso ella ode la voce,
allora certo il cuore le scoppia.
ANNA DI BOVA: Ah che certo il cuore le scoppia,
Ornella, se tu vai e la tocchi.
e tu fosti a sciogliere Aligi.
IL CORO DELLE LAMENTATRICI: A chi lo lasci l'aratro,
Ahi, ahi! Lazaro, Lazaro, Lazaro!
Ahi, che scempio si pate per te!
Requiem aeternam dona ei, Domine.
(Apparirà il bifolco ansante).
FEMO DI NERFA: Dov'è Candia? Figliuole del Morto,
la polvere, prendete la cenere.
e tutto il popolo è giustiziere
del parricida e l'ha nelle mani.
Ora il fratel vostro lo portano
qui, a pigliar perdonanza
prima che la mano gli tàglino,
prima che nel sacco lo sèrrino
la polvere, prendete la cenere.
abbia pietà del sangue innocente!
(Le tre sorelle correranno l'una verso l'altra e si stringeranno insieme, capo con capo, restando nell'atto. Si udrà a quando a quando il rullo sordo del tamburo funereo).
MARIA CORA: O Femo, e perché l'hai tu detto?
FEMO DI NERFA: Dov'è Candia che non apparisce?
LA CINERELLA: Su la pietra del focolare,
ANNA DI BOVA: E nessuno si ardisce toccarla.
LA CINERELLA: Ne hanno spavento le figlie.
FELÀVIA SÈSARA: E tu, Femo, hai testimoniato?
LA CATALANA: E Aligi l'avesti vicino?
E, innanzi al giudice, che disse?
MÒNICA DELLA COGNA: Che disse? che fece? Urla mise
e diè nelle smanie il meschino?
FEMO DI NERFA: Sempre ginocchione si stette
E diceva ogni tratto: «Mea culpa».
E innanzi a sé baciava la terra.
E l'Angelo intagliato nel ceppo
era là con la macchia di sangue.
E molti piangevano intorno.
E taluno diceva: «È innocente».
ANNA DI BOVA: E la mala femmina Mila
LA CATALANA: La figlia di Iorio dov'è?
FEMO DI NERFA: Cercata per gli stazzi fu molto
Solo Cosma, il santo dei monti,
dice averla veduta e che in qualche
forra è andata a gittar l'ossa sue.
LA CATALANA: La tròvino i corvi ancor viva
e gli occhi le bécchino, i lupi
la tròvino viva e la stràccino!
FELÀVIA SÈSARA: E sempre rinasca allo strazio
MARIA CORA: Taci, taci, Felàvia. Silenzio!
cammina, ora viene alla soglia,
ora esce. Figliuole, figliuole,
(Le sorelle si scioglieranno e andranno verso la porta).
IL CORO DELLE LAMENTATRICI: Candia della Leonessa,
Ahi, ahi, cenere misera, ahi vedova,
De profundis clamavi ad te, Domine.
(La madre apparirà su la soglia).