IntraText Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText | Cerca |
I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
Quando la sera cadde, Raimondo non viveva più. Tutti i segni d'una intossicazione acuta di acido carbonico erano in quel corpicciuolo incadaverito. La piccola faccia era livida, quasi plumbea; il naso era affilato; le labbra avevano una cupa tinta cerulea; un po' di bianco opaco s'intravedeva di sotto alle palpebre ancóra semichiuse; su una coscia, presso l'inguine, appariva una chiazza rossastra. Pareva che fosse già incominciato il disfacimento, tanto era miserabile l'aspetto di quella carne infantile che poche ore innanzi tutta rosea e tenera le dita di mia madre avevano accarezzata.
Mi rombavano negli orecchi i gridi, i singhiozzi, le parole insensate che mia madre proferiva mentre Federico e le donne la trasportavano fuori.
- Nessuno lo tocchi, nessuno lo tocchi! Io voglio lavarlo, io voglio fasciarlo... io...
Nulla più. I gridi erano cessati. Giungeva a quando a quando uno sbattere di uscì. Ero là, solo. Anche il medico era nella stanza; ma io ero solo. Qualche cosa di straordinario avveniva in me; ma io non ci vedevo ancóra.
- Andate, - mi disse il medico, dolcemente, toccandomi una spalla - andate via di qui. Andate.
Io fui docile; obedii. M'allontanavo per l'andito con lentezza, quando mi sentii di nuovo toccare. Ed era Federico; e mi abbracciò. Ma io non piansi, non provai una commozione forte, non compresi le parole ch'egli proferiva. Udii però nominare Giuliana.
- Conducimi da Giuliana - gli dissi.
Misi il braccio sotto il suo, mi lasciai condurre come un cieco.
Quando fummo d'innanzi alla porta gli dissi:
- Lasciami.
Egli mi strinse forte il braccio; poi mi lasciò. Entrai solo.