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POEMA PARADISIACO 1 - Alla nutrice | «» |
I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
su le case degli uomini, ma pura.
- O tu che ne la casa tua lontana
fili con dita provvide la lana
de la tua greggia, sin che l'olio dura
ne la lucerna, e il ceppo a tratti splende,
Nutrice, da cui bevvi la mia vita
prima, ne le cui braccia ebbi il sopore
primo!, se da la tua bocca appassita
riudissi io quel canto e le tue dita
vedessi, ove s'attenua il bianco fiore
dei velli, e il fuso pendulo che scende,
e la fronte rugosa che s'inchina
incoronata di capelli bianchi,
ove la semplice anima indovina
mente in un raggio, e i tuoi cavi occhi stanchi
ove qualche favilla pur s'accende,
io forse piangerei ancora un pianto
salùbre e forse ancora dal profondo
mi sorgerebbe qualche antico e santo
affetto, e mi parrebbe nel tuo canto
ritrovar l'innocenza di quel biondo
pargolo; - e lungi queste cose orrende!
E tutta la freschezza del tuo latte
ne le mie vene! - Una natività
novella, in un candor di nevi intatte. -
E tutta la freschezza del tuo latte
ne le mie vene, e tutta la bontà
dei cieli; - e lungi queste cose orrende,
lungi sempre da l'anima rinata
e del candor natale circonfusa!
Una immensa bianchezza immacolata,
una forma d'amore angelicata,
d'un Bene Sommo che quivi s'attende! -
Ma tu, che ne la casa tua lontana
torci il fuso, non sai la mia ventura.
Fili con dita provvide la lana
de la tua greggia; ne sai la mia vana
tristezza, in quest'azzurra notte pura.
Tu torci il fuso, e il ceppo a tratti splende.
E fili, e fili sin che l'olio dura,
Nutrice; e morta la mammella pende.
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