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LAUDI DEL CIELO, DEL MARE, DELLA TERRA E DEGLI EROI LIBRO SECONDO - ELETTRA 8 - La notte di Caprera XI. |
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O Verità cinta di quercia, quando
canterai tu per i figli d'Italia,
quando per tutti gli uomini canterai
tu questo canto? Ecco il pane spezzato
sotto l'olivo, prima della battaglia;
ecco irto d'armi il colle di sì grande
nome, nomato il Pianto dei Romani,
aspro di sette cerchi, balzo di Dante,
per ove gridan come stuol di selvagge
aquile sette Vittorie disperate;
Alcamo in festa, Partinico fumante;
l'avida sosta della falange, al Passo
di Renna, in vista della Conca e del Mare;
la sete, la fame; la corsa verso Parco
nella tempesta e nella notte, inganno
meraviglioso; la montagna affocata
di Gibilrossa ove ecco ogni uomo par
che trasfiguri come se oda parlare
una divina voce alla sua speranza;
e la discesa muta di sasso in sasso,
per gli arsi aromi, lungo le schegge calde,
mentre la sera coi richiami lontani
de' suoi pastori e coi suoi flauti fa
e poi la notte vigile di fatali
stelle; e poi l'alba, e nell'alba il tonante
impeto, l'urto, la furibonda strage,
l'inferno al ponte dell'Ammiraglio; il maschio
Nullo a cavallo oltre la barricata
con la sua rossa torma, ferino e umano
eroe, gran torso inserto nella vasta
groppa, centàurea possa, erto su la vampa
come in un vol di criniere; il grifagno
Bixio, il risorto Giovanni delle Bande
Nere, temprato animato metallo,
voce a saetta, sottil viso che sa
la cote come il filo d'una spada
laboriosa, ossuta fronte salda
come l'ariete che dirocca muraglie,
eccolo all'opra che balza da cavallo
per trarsi il piombo con le sue stesse mani
fuor delle fibre tenaci; ecco espugnata
la Porta, data la rotta alle masnade
regie col ferro alle reni; le strade
ancor nell'ombra, deserte; la città
ancor dormente, e la prima campana
che suona a stormo verso l'aurora alzata
su Gibilrossa; Fieravecchia che batte
già colma come un cuor che si rinsangua;
Macqueda sotto la grandine mortale;
Montalto ai regi tolto dallo spettrale
Sirtori; atroci strida, crollar di case,
rossor d'incendii; la morte che s'ammassa
nella ruina; l'afa delle carni arse,
il cielo azzurro su l'urlante fornace;
e il Dittatore terribile che passa,
il Dittatore sorridente con pace
tra quel delirio umano, il dio che guarda,
indubitata forza, con nella faccia
il sole, il sole del sorriso eternale.
Gloria per sempre! Ecco Palermo schiava
che si risveglia giovine tra le fiamme,
che si solleva, memore della Gancia,
nella vendetta e nella libertà.