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LAUDI DEL CIELO, DEL MARE, DELLA TERRA E DEGLI EROI LIBRO SECONDO - ELETTRA 8 - La notte di Caprera XIX. |
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Con gli occhi fissi interroga il Destino
il Dittatore. Arde tra le apparite
stragi, nel grido dei magnanimi figli.
Arde, in silenzio, della sua febbre antica.
E la grandezza di ciò che fu compito
s'alza e sovrasta alla notte sublime.
«Ah non invano! Ah non invano!» dice
la sua speranza. «Non invano moriste,
o dolci figli, latin sangue gentile!
Altra rugiada aspettan le gramigne
dell'Agro, e avranno altra rugiada, prima
che sorga l'alba della novella vita.
O Madre, e quel che ti daremo vinca
di santità quello che t'offerimmo.
Pur t'offerimmo quel ch'era in noi divino.»
Ed ecco ei tende la mano, come chi
promette, ei tende la mano che spartiva
le sue semente con la saggezza antica,
la man che già seminò, che al mattino
seminerà là dove fu il granito.
Per testimone ha l'anima sua. Dice:
«Verrò, verrò. Là donde mi partii
ritornerò». La trista dipartita
ripensa: il luglio torrido; le milizie
raccolte in piazza, mute sotto il meriggio
muto, al conspetto del Vaticano inviso,
come le statue dei portici; il sorriso
che gli sgorgò dai precordii alla vista
della coorte adolescente; Iddio
nei cieli azzurri, il silenzio infinito,
l'orazion piccola «Io offro a chi
mi vuol seguire fame sete fatiche
combattimenti e morte»; poi l'uscita
da San Giovanni, tutto il popolo afflitto
che lacrimava e le Trasteverine
accorse in gara che spargevano i gigli
sotto il cavallo dell'eroina Anita
a San Giovanni, il sordo calpestio
in notte chiara su la Via Tiburtina
con la grande ombra di Roma che seguiva
i legionarii, la sosta su la cima
nuda, l'estremo sguardo, l'estremo addio
alla Città già in mano del nemico;
e poi la corsa di confine in confine
per monti e valli, l'arrivo a San Marino,
al bel Titano, con la sua schiera esigua
sfuggita a quattro eserciti, la fine
dell'alta guerra, il Mare, l'accanito
inseguimento per le selvagge rive,
per le paludi febbrose, l'agonia
della sua donna sotto il sole maligno,
il disperato remeggio verso il lido
di Chiassi, il dolce corpo su l'erbe arsicce
morente, poi l'abbandono improvviso
sopra la Costa di Paviero, il supplizio
feroce, il caro corpo non seppellito
nella calura lùgubre l'infierire
di tutti i mali contro l'anima invitta.
«O Madre, e quel che ti daremo vinca
di santità quello che t'offerimmo»
dice l'Eroe che seppe ben patire.
Per testimone ha l'anima sua. Dice:
«Verrò, verrò. Là donde mi partii
ritornerò, Madre, per ben morire».