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LAUDI DEL CIELO, DEL MARE, DELLA TERRA E DEGLI EROI LIBRO SECONDO - ELETTRA 11 - Per la morte di Giuseppe Verdi |
I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
Si chinaron su lui tre vaste fronti
degli eterni pensieri e del dolore:
Dante Alighieri che sorresse il mondo
dell'universa vita ebbe in suo cuore;
di verità, re dei dominii oscuri,
fissa pupilla a' rai de' Soli ignoti;
il ferreo Buonarroti
che animò del suo gran disdegno in duri
massi gli imperituri
silenziosi onde il Destino è vinto.
Vegliato fu da' suoi
fratelli antichi il creatore estinto.
Come la nube, quando è spento il Sole
di fulgore durabile s'arrossa:
contro all'ombre notturne arde sublime
e la notte non ha contro a lei possa:
l'anima alzata contrastò la Morte,
avverso il buio perdurò splendente.
Dinanzi alla veggente
tutte aperte rimasero le porte
su l'alte soglie ove la Forza trema.
allor sonò la melodìa suprema.
La melodìa suprema della Patria
di popoli salì verso il defunto.
Infinita, dal Brènnero al Peloro
accompagnò nei cieli il figlio assunto.
E colui, che congiunto
in terra avea con la virtù de' suoni
tutti gli spirti per la santa guerra,
col suo silenzio funerale e proni
li fece innanzi ai troni
ove l'Italia fu regina e iddia.
vola dal cuor che spera e non oblìa!
E «Ti sovvenga!» sia la tua parola.
Vegliato fu da' suoi
fratelli antichi il creator che dorme.
E simile alle fronti degli eroi
e pura come giogo alpestro, enorme.
impresse dal suo piè nella materna
zolla, profonde al pari delle antiche;
erano intese ad una gioia eterna;
intorno al mondo, per le genti umane.
ci nutrimmo di lui come del pane.
Ci nutrimmo di lui come dell'aria
cui dà la terra tutti i suoi sapori.
La bellezza e la forza di sua vita,
furon come su noi cieli canori.
dall'imo gorgo dell'ansante folla.
Diede una voce alle speranze e ai lutti.
Fu come l'aura, fu come la polla.
forti e dell'ampie querci e del frumento,
foggiò sé stesso il creatore spento.
E disse l'Alighieri in tra gli eguali
«O gloria dei Latin', come tramonti!».
Quivi bianche parean dalle incorrotte
sotto la fiamma delle vaste fronti.
in lui per sempre, che tutti li aperse!
Ecco quei che s'aderse,
su la sua gloria, in cieli più diffusi
artefice maggior della sua gloria.
non conoscemmo noi questa vittoria!».
E Leonardo: «Innanzi ebb'io la nuda
come quella dell'Uom che a dentro incisi.
Creai la luce in Cristo su la mensa
Dell'Infinito feci i miei sorrisi.
calmo alla sommità della saggezza
ed ascoltai la musica solenne.
meco quest'aspra forza a tale altezza?
Come questa vecchiezza
il culmine ove regna il mio pensiero?
il suo fato e tentò novo sentiero».
E il Buonarroti disse: «Io prima oscuro,
rinascere, di me nacqui modello.
Poi mi scolpii nella virtù concetta,
s'adempion le promesse del martello.
di grandi cose moribonde carco.
nelle rupi all'esercito immortale
stirpe insonne, anelammo all'alto segno.
Ben costui che or si giace
tal cuore ebbe, s'armò di tal disdegno».
Nella notte così gli eterni spirti
cui sceso era pe' tempi il lor retaggio.
Il titano giacea senza ghirlande,
sol coronato del suo crin selvaggio.
dell'alba fu, la maggior voce disse:
«O patria, degna di trionfal fama!».
di rinnovanza dalla terra escisse,
chiedessero a novel seminatore,
vendicasse la forza del dolore.
vola dal cuor che spera oltre il destino,
recando il buon messaggio a chi l'aspetta.
batti le penne su per l'Apennino;
poi discendi con impeto nei piani
getta il più fiero grido e là rimani.