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LAUDI DEL CIELO, DEL MARE, DELLA TERRA E DEGLI EROI LIBRO QUINTO - CANTI DELLA GUERRA LATINA 5 - Preghiere dell'Avvento 1 - PER I MORTI DEL MARE |
I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
Mare di Dio, che sceveri le sorti
dei combattenti nella sacra guerra,
io ti prego: non rendere i tuoi morti,
non rendere i cadaveri che il sale
macera, né l'ossame che tra flutto
e flutto imbianca, al lido, o Sepolcrale,
e al nostro lutto;
ma sì, nel gorgo acerbo come il pianto
fùnebre, tieni le profonde some
perché noi più t'amiamo e a noi più santo
ma sì tieni le spoglie nell'intorto
abisso pari al nostro amor rapace,
perché non sia rifugio in te né porto
in te né pace
in te né tregua né salute a noi
alcuna se la servitù non cessi
e in te Roma non chiami i glauchi eroi
al Resurressi.
Miseri eroi, non caddero sul ponte
della nave, gioiosi di battaglia,
in un sangue perenne come fonte
che non s'accaglia;
del fuoco, nel rossore che non stagna,
stridere contro l'asta la bandiera
quasi grifagna,
non lassù, dalla ferrea rembata
che folgora, la scorsero con gli arsi
né s'accosciaron presso i tubi, quando
nel capo chiuso dentro la sonora
cuffia d'un tratto rombano comando
né, travaglio dell'orrido beccaio
che pesta e insacca, furon carne trita
da rempiere la gola del mortaio
né, dato in brocca il fulmine coperto
contro il nemico enorme, solitaria
vider l'elice folle in cima all'erto
e irsuta l'onda, delle mille braccia
invan tese da un sol terrore urlante,
prima d'inabissarsi senza traccia
presso il gigante.
Ma l'insidia li colse, ma l'agguato
li pigliò, nell'immensa albàsia eguale:
ruppe il fianco, la piaga nel costato
di sùbito colcò pel sonno eterno
come a racconcio, sotto il lungo scherno
della sirena;
e l'acciaio temprato a gran martello
fu cosa ignuda come vil tritume,
sopra l'acque di Dio men che fuscello,
percote l'acque. Il sol rompe la nube?
fa d'ogni flutto un branco leonino
Chi squarcia la foschìa dell'imminente
morte? Si leva un giorno di beata
porpora? Esulta tutto l'oriente,
Né fulvo branco di leoni balza,
né s'inarca fulgore di sovrana
porpora. Sola su la morte s'alza
Sola alla morte l'anima sovrasta
congiunta ancóra al carcere dell'ossa
come fuoco si radica in catasta
a prender possa.
Uomini vivi, saldi sul tallone,
non in coperta ma lungh'esso il bordo
dileguante con l'ultimo cannone
ad ammiraglio in nave pavesata,
diritti come sotto la gran gala
gittano al cielo un grido così forte
che ferisce le cime dell'ardore,
e sforzano a sorridere la Morte
che mai non muore.
O Vittoria, alta vergine severa,
or quando vinci se non vinci in questa
fine? Dove più sfolgori, o guerriera?
in quale gesta?
E qual madre, qual dolce madre o suora,
che tu le renda le profonde salme
osa pregarti, o Mare dell'aurora,
Chi lungo i lidi tuoi, Mare dei prodi,
erra con entro il cor l'esangue vólto,
sperando che nel cor l'ombra gli approdi
dell'insepolto?
Mare di Dio, le vittime che celi
tu non rendi, né odi le querele
dei sùpplici; ma duri ai tuoi fedeli
ma conservi le spoglie nell'intorto
abisso pari al nostro amor rapace,
perché non sia rifugio in te né porto
in te né pace
in te né tregua né salute a noi
alcuna se la servitù non cessi
e in te Roma non chiami i glauchi eroi
al Resurressi.