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I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
O vegliardo, consunto come l'usto
dell'àncora che troppe volte morse
con sue marre i tenaci fondi, pregno
splende la gloria sul tuo vólto adusto
quando nelle fortune indaghi l'Orse
e t'argomenti di campar tuo legno
Quando torni dall'isola dei Sardi
carico, e taciturno al tuo timone
stai rugumando il tuo masticaticcio,
a tratti co' tuoi grigi occhi non guardi
per l'ombra se tu scorga il tuo Leone
fiammeggiare laggiù sul sasso arsiccio
contro la notte?
E quando poi governi a prender porto,
maggio illustrando la città dei Doria,
non cerchi tu quella che a Quarto eresse
la modestia del popolo risorto,
per figurarvi in sommo la Vittoria
che sul gran cor parea ti sorridesse
come tua donna?
Tu non rispondi. Solo ascolti i vènti
e disputi talor con la tempesta.
Hai crudo e breve il motto a dir tua noia,
e più non dici.
Tua vita va tra due divini eventi,
tra bonaccia e fortuna; e quella gesta
la scrisser già su le tue vecchie cuoia
le cicatrici.
Ond'io ti priego che mi sii benigno,
o tu che troppo sai d'amaro sale,
se consecrarti ardii questi miei carmi
In van chiesi al tuo mar che nel macigno,
nell'invitto macigno sepolcrale,
volesse per l'eternità foggiarmi
Ma tu vi sentirai correre, sopra
al rosso bulicame, odor salmastro;
romoreggiar v'udrai l'onda nemica
come il frangente;
vi rivedrai quale t'apparve all'opra
Colui che fu buon calafato e mastro
d'ascia, d'ogni arte artiere, dell'antica
entro gli occhi tuoi tristi, in cor tremando.
Eri presso il cordaio per rinnovare
tue gomenette;
seguivi l'arte della torcitura,
il crocile, la pigna, il naspo; quando
su le tue labbra le parole amare
«Il torticcio dell'àncora s'è rotto.
Rinnovarlo non giova. Orvia, tralascia!
Per flagelli e capestri, o cordaio, l'acre
La terza Italia si distende sotto
ogni bertone come una bagascia.
E Roma all'ombra delle querci sacre