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Giovan Battista Niccolini
Arnaldo da Brescia

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ATTO QUINTO

 

Scena prima. Adriano

 

Stanze nel Vaticano.

 

ADRIANO.

Sull'umil servo d'abbassar degnasti

Il tuo sguardo, o Signore; e al mite agnello

Serve il leone, ed ha comun l'albergo.

Più lo Svevo non è fulmin di guerra,

E dell'Italia orror: tutti ha deposti

Gli spirti suoi feroci, e mi difende

Con zelo ardente; e son fra noi parole

Qual fra tenero padre e figlio pio.

Riverenza ed amore in ordin lieto

Ora il mio clero unisce, e non confonde

Coi duci suoi. Quei che in me spira e parla,

Con fiamma eguale i nostri petti avviva

In un voler concorde; e muove il mondo

Sulle vie del Signor, perch'io precedo,

E Cesare mi segue. Il tempo alfine

Ubbidisce all'Eterno… Io Federigo

Guidava a Roma, e quando a piè la vide

Tutta giacersi ove dechina il monte

Che tien dal gaudio il nome, a lui di Pietro

Mostrai la Chiesa: egli balzò d'un salto

Dal suo destriero, e nella polve ei volle

Adorarla da lungi. Ai lieti gridi

Che sorgean dalle schiere, allor successe

Un subito silenzio, e reverenti

Seguian del re l'esempio: a me nascea

Tacita gioia dentro il cor paterno

Come ordinato, rapido, tremendo

È l'esercito suo! Traeva il sole

Dall'armi i lampi, e ne splendeano i monti.

Dall'intrepido volto i suoi Tedeschi

Spirano ardir: la signoria del mondo

Sta nel Settentrion: d'esservi nato

Or sento orgoglio anch'io… Nacque all'omaggio

La semplice Germania; è pei suoi regi

Prodiga della vita… Oh zelo uguale

Pei pontefici avesse: ella potrebbe

Dirsi il braccio di Dio! Quanto è diverso

Questo volgo latin: ci fuga, e chiama;

Ci adora, e calca; ci spaventa, e trema;

Ci uccide, e piange: che da lui derivi

Crede il nostro potere, e che soggetto

Sia Cristo a Roma come allor ch'ei nacque.

Salvo è il pastor, ma si è da lui diviso

Il gregge suo ribelle: e quel profano

Fiume del Tebro che da me lo parte,

Crede che parli di trionfi antichi;

Ma fra tombe e ruine in suon di pianto

Grida: Tutto perìsol io qui resto,

Onda che fugge!… Ah certo io son che sparsa

Fia di sangue roman, quando s'ardisca

I Tedeschi assalirfiggon le tende

A quelle mura ove per l'aurea porta

S'entra nella città: qui presso al tempio

Solitudine e morte, ed oltre al Tebro

Fremito e vita. Ahi scellerato Arnaldo,

Nemico del Signor, per te non posso

Qui regnar senza stragi, e tu condanni

Pastor Britanno ad ignominia eterna!

Dalla vigna di Dio la volpe astuta

Pur fuggiva tremando, e alfin cadea

Nei lacci ch'io le tesi: or quell'empio

Che osò di liberarla, e l'ha nascosa,

Rivelami, o Signor.

 

 




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