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Giovan Battista Niccolini Arnaldo da Brescia IntraText CT - Lettura del testo |
Come occulte le vie dei tuoi consigli
Sono all'occhio mortale! Egli sospinse
La mesta che rimane al tuo cospetto,
A scoprirmi…
La gran causa trionfa: e tu, che sei
Difensor della Chiesa, il suo nemico
Affrettati a punire; e tosto Arnaldo
Chiama i fedeli miei… Conosci, o Padre,
Di questa pia… della Campagna un conte.
Come si chiama?
Io questo nome
Obliar non potea: fra i miei nemici
È il più superbo: nel Roman Senato
Sceglier costui l'imperator volea:
Egli è più reo d'Arnaldo… A morte, e tosto
A morte infame, e prigionieri i figli
(Si getta ai piedi di Federigo.)
Perdona un sogno della mente audace,
Tu, che vago di gloria ancor nel petto
Gl'impeti senti dell'età primiera.
E i pargoletti che rapir mi vuoi,
In che son rei?… Questo crudel superbo
Sdegna guardarmi… egli sta fermo e muto,
Com'aspra rupe al di cui piede immoto
Mormora un rivo umíle in suon di pianto.
(Vedendo che Federigo non si muove per le sue preghiere, si alza.)
Adriano, Adrian, non mi soccorri?…
Pur dianzi a me non hai promesso i figli
E il consorte salvar? Tu che sapesti
Con sì lunghe parole il mio segreto
Trarmi dal petto, or qui tranquillo e chiuso
Stai davanti al monarca, e un solo accento
A pregarlo non muovi? Ah se di Cristo
Il vicario tu sei, cadi ai suoi piedi;
Rendivi i baci ch'ei vi diè; li abbraccia;.
Di lacrime li bagna, e mai più sante
Lacrime sparse non avrai… Che tardi?
Pregalo; piangi, o più non sia nel mondo
Chi doni a voi titol di padre.
M'era che tanto il tuo consorte osasse:
O romana superbia! egli è tal reo
Che fai? mi segui:
(Afferra il papa per il manto.)
Qui, qui ti prostra.
Ella delira!
(Cade novamente ai piedi dell'imperatore.)
Le tue ginocchia un'altra volta, e spero…
Ingannata non m'hai… Comprendo adesso
Io l'arti di costui… Quando fu certo
Che vassallo all'Impero è il mio consorte,
Quel perdono che a lui dar non potea
Prometter finse. — O sacerdote, è questa
La tua pietade?… Ora il dolor mi rende
La perduta ragione, ed io mi sveglio
Sull'orlo di un abisso; e a questo iniquo
Cade la larva che celògli il volto,
E in un'orrenda nudità si mostra
Se puoi, Signore.
Io son custode
Di sacre leggi, e a chi succede io deggio
In te ritorna;
Ti abbandonò la Fede: in quanto io posso
Di giovarti cercai, ma non ottenni
Che la giustizia alla pietà cedesse.
Forse nol vuole Iddio: talora in fretta
Anche la spada di lassù ferisce. —
Ah tu vedi, o Signor, come ogni pena
Che l'anatèma impreca, ora s'adempie
Nella sua prole….
Le tue sante virtù: colpa è il pentirsi
Di quel consiglio che dal Ciel ti venne.
Cristo diceva: I genitori stessi
Odia per me.
Odia i tuoi figli? io li ho traditi. Ahi lassa!
Qui resto invan: pietà di me non hanno
I due mostri del mondo. Oh Dio! si fugga…
Presto, presto un destriero… a chi lo chieggo?
(Vedendo i soldati di Federigo.)
Del tiranno ai soldati? Ah se nel Cielo
V'è un Dio che i preghi delle madri ascolti,
Angioli del Signore, al mio castello