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Giovan Battista Niccolini Arnaldo da Brescia IntraText CT - Lettura del testo |
Io qui non sono
Giudice tuo, ma ordinator di pena
Che ti fu stabilita. Al pentimento
Quel breve tempo che quaggiù t'avanza
Usar ti piaccia, e del presente angusto
Sul tremendo confin l'anima rea
Dai sogni dell'errore alfin si desti,
E si lavi nel pianto e nel perdono,
Prima che morte le disciolga il volo
Io col pensiero
Vissi ognor nell'eterno: il tuo signore
Ha sì fisso nel tempo il suo desire,
E mai d'Arnaldo
Perché libero sono.
Io qui non venni
A garrir teco: vuoi morir confesso?
Notarmi d'eresia: ma non ottenne
Dal concilio adunato in Laterano
Fede la sua calunnia, e si ripete
Da chi sa di mentir, da quei superbi,
Che son, Roma infelice, il tuo senato.
Al pontefice io credo; e dalla Chiesa
Che milita nel mondo ei t'ha diviso.
Ma non da quella che trionfa in Cielo,
Ov'è giudice Iddio: la mia sentenza
Sta negli abissi del consiglio eterno,
Come quella di lui che mi condanna.
Tempo verrà ch'ei lo ricordi, e tremi.
Non ti rimorde che la tua dottrina
Guerre fruttava, e ch'or di nuovo al sangue
Roma verrà?
Cangia consiglio: solo a questo patto
Un ministro del Ciel dai tuoi peccati
Scioglier ti puote: ei qui t'aspetta.
È reo
Ogni figlio d'Adamo, io più di tutti;
Ma eretico non sono: e s'io lo fossi,
Il maggior dei rei sceglier nel clero
Può l'uom che lo confessi; e a me si nega?
Vuolsi così da quei che puote; ed io
Deggio in tutto ubbidirgli. Ho qui compito
L'uficio mio: fra brevi istanti udrai
Della tua pena il modo: il Sol novello
Non ti vedrà.