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Giovan Battista Niccolini Arnaldo da Brescia IntraText CT - Lettura del testo |
Io fui dell'Evangelo: in quest'idea
L'anima s'erga. E tu, Signor, difendi
La causa tua: ch'ella risorga, e vinca
Pur col mio sangue i ciechi errori, e mora
Menzogna antica ai piè del vero eterno…
Ma qui frutti non dà prima che il tempo
Lo fecondi coll'ali; e nella speme
Che li credea vicini, io forse errai…
Meglio errar che fermarsi… Or io d'appresso
Ho la morte così, ch'ella mi desta
Care e acerbe memorie, e anch'io ritorno
Cogli ultimi pensieri al suol natio,
Che abbandonar dovei… Brescia diletta,
Ti perdono l'esiglio… il tuo pastore
Sol ne fu reo. Tu dolce nido ai giusti,
E ai magnanimi sei: saprai l'esempio
Imitar di Milano, e avrai gran parte
Nelle glorie d'Italia. Io sul Benaco,
Che serve a te, deh quante volte errai
Nella mia giovinezza; e pien di Dio,
Siccome l'onde del tuo lago avea
Alma fremente e pura… Ah non oblia,
Brescia, il misero figlio, e alcun gentile
Spirto conforti nell'età futura
La fama mia. Certo avverrà che giaccia
Per colpi che le diè la Curia avara,
Meretrice dei re: la terra è loco
Di calunnia e d'oblio… Ma farmi io sento
Di me stesso maggiore, e in questo petto
Entra già l'avvenire, e lo affatica.
Mi fa profeta Iddio. Veggo concordi
Fede giurarsi i popoli Lombardi,
E di venti cittadi al ciel s'inalza
Tra le ceneri e il sangue un sol vessillo:
il drappel della morte al suol si prostra
Supplicando l'Eterno: è giunto al Cielo
Dell'intrepide labbra il giuramento,
Ch'è pallor del tiranno: a sé d'intorno
Dissiparsi le schiere; e il suo stendardo
Sparir rapito dalla man dei forti
Quel superbo rimira; e sulla terra,
Già via dei suoi trionfi, egli precipita
Vinto all'impeto primo, e si nasconde
Fra la strage dei suoi: veggo i Tedeschi
Oltre l'Alpi fuggir, tratta nel fango
L'aquila ingorda, e un popolo redento
Farsi ludibrio della lor corona…
Ma il carnefice è qui. Coraggio, Arnaldo.
Dalle misere carni a cui fu sposa,
All'eterno imeneo l'anima voli:
Conducetela a Dio per l'infinito,
Ali dell'intelletto e dell'amore.