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Giovan Battista Niccolini
Arnaldo da Brescia

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Scena diciottesima. Giordano, e Detti

 

OSTASIO

Al sen ti stringo,

Fedel GiordanoArnaldo ov'è?

 

GIORDANO

Nel Cielo.

 

OSTASIO

Almen sepolcro a lui si diede?

 

GIORDANO

Il Tebro.

 

OSTASIO

Il cadavere suo ci renda il fiume.

 

GIORDANO

Nol può.

 

OSTASIO

Ma come?

 

GIORDANO

Ogni sembianza umana

In lui tosto periva: arso dal fuoco,

Cener divenne, e neppur questo avanza,

Ché si perdè fra l'onde.

 

OSTASIO

È seco estinta

La libertà di Roma!

 

GIORDANO

È viva ancora:

Ci resta il Campidoglio. Or nel guerriero

Dell'atroce Germania alfin cessava

Dell'uccider la rabbia: invan la fronte

Liberava dall'elmo, e il petto oppresso

Dall'ardente corazza: un grave e lungo

Anelar lo affatica, e lo tormenta

Questa fervida polve, in cui disteso,

Quel vin spumante che rapì, tracanna

Con fauci aride ognora: il nostro cielo

Gli domerà.

 

OSTASIO

Questa speranza è vile.

 

GIORDANO

Ma non sarà delusa.

 

OSTASIO

Aver potea

Roma dal ferro suo miglior vendetta,

Se quel castello che occupar sapesti,

Restava in forza tua.

 

GIORDANO

Per pochi istanti

Ritenerlo io potea: crebbe la piena

Dei nemici così, ch'io fui costretto

D'abbandonarlo. Ora che più si tarda?

Nell'indugio è periglio: al sacro monte,

Ov'è la rôcca che munito abbiamo

Per consiglio d'Arnaldo, il piè s'affretti

Col favor della notte: io potea

Salvarti, o prode, e la consorte e i fìgli.

 

 

 




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