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Giovan Battista Niccolini
Arnaldo da Brescia

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Scena terza. Giordano, Popolo

 

Piazza sul Campidoglio.

 

GIORDANO

Io qui, Romani,

Non vi chiamai senza ragione: Arnaldo

Fra noi tornava.

 

POPOLO

Ov'è? ché tarda?

 

UNO DEL POPOLO

Ei venga.

 

POPOLO

Evviva il santo.

(Comparisce Arnaldo.)

 

UNO DEL POPOLO

Liberi la Chiesa

Dagli adulteri suoi.

 

UN ALTRO DEL POPOLO

Respiri alfine

L'aure d'Italia, e la straniera polve

Scota dai piedi suoi.

 

GIORDANO

Quanto è diverso

Da cardinal che siede a concistoro,

Che di sangue cristian le vene impingua,

E per sé brama, e altrui promette, e toglie

Di Dio la Sposa, e ne fa strazio eterno!

Mirate, amici! ha pel digiun le membra

Estenüate: sul benigno volto

Regna un santo pallor: l'orma vi resta

D'una lacrima pia. Sulla caduta

Vostra grandezza ei piange; e in occhio umano

V'ha pianto degno di sì gran sventura?

Non sia privato lutto ove tu giaci,

Regina delle genti; ed una sola

Croce io vorrei sopra le tue ruine.

 

POPOLO

Qual v'ha rimedio?

 

ARNALDO

Libertade, e Dio.

Voce dall'Orïente,

Voce dall'Occidente,

Voce dai tuoi deserti,

Voce dall'eco dei sepolcri aperti,

Meretrice, t'accusa. Inebriata

Sei del sangue dei Santi, e fornicasti

Con quanti ha re la terra. Ahi la vedete:

Di porpora è vestita; oro, monili,

Gemme tutta l'aggravano: le bianche

Vesti, delizia del primier marito

Che or sta nel Cielo, ella perdè nel fango.

Però di nomi e di biasfemi è piena,

E nella fronte sua scrisse: Mistero.

Ahi! la sua voce a consolar gli afflitti

Non s'ode più: tutti minaccia, e crea

Con perenni anatèmi all'alme incerte

Ineffabili pene. Gl'infelici, —

Qui lo siam tutti, — nel comun dolore

Correano ad abbracciarsi, e la crudele

Di Cristo in nome li ha divisi: i padri

Inimica coi figli, e le consorti

Dai mariti disgiunge, e pon la guerra

Fra unanimi fratelli. È del Vangelo

Interprete crudel: l'odio s'impara

Nel libro dell'amor. Gli anni son volti

Che il rapido di Patmo Evangelista

Ne profetò: per ingannar le genti

Rotte ha Satanno le catene antiche,

E siede la crudel sull'infinite

Acque del pianto che per lei si versa.

Il seduttor dell'uomo all'impudico

Labbro due nappi appressa: in uno è sangue,

Nell'altro l'oro; e quell'avara e cruda

Beve in entrambi, sì che il mondo ignora

S'ella più d'oro o più di sangue ha sete.

Perché salì costei dalle profonde

Viscere della terra al Campidoglio?

Fu bella e grande nelle sue prigioni.

Signor, quei che fugaro i tuoi flagelli,

Più l'ostie mute a trafficar non stanno

Del tempio tuo sul limitar; ma dentro

Si vende l'uomo, e il sangue tuo si merca,

Figlio di Dio.

 

POPOLO

Che ne consigli?

 

ARNALDO

All'empia

Scettro e spada togliete, e alfin vi renda

Le malnate ricchezze.

 

UNO DEL POPOLO

Andiam le case

Dei cardinali a depredar.

 

UN ALTRO DEL POPOLO

Ma ricchi

Sono i patrizi ancor.

 

ARNALDO

Popolo, ascolta

Frenatevi… la legge

 

UNO DEL POPOLO

Ahi, qui la legge

Solo i poveri frena, e da gran tempo

Viviam derisi, ignudi. E quale è il frutto

Della tua libertà?

 

ARNALDO

M'udite: il clero

Tutto acquistò con forza o con inganno.

Ei qui possiede ampi domini, e tolti

Agli avi vostri; egli qui fe' la terra

Sterile, vota ed insalubre; e Cristo,

Re della vita, circondò di morte.

Ma dei facili colli all'aër puro

Con empio lusso edificò superbe

Pei monaci delizie: a voi tuguri;

I palagi per loro.

 

POPOLO

Evviva Arnaldo!

 

ARNALDO

Io da quel giorno che di fole e vento

Pascer sdegnava il popolo Cristiano,

Provai lo sdegno di crudel pastore,

E dal loco natio per grave esiglio

Divenni peregrin: v'è noto il mio

Affannoso vagar di gente in gente,

Per la dottrina che sarà feconda.

Dell'Appennin sui gioghi, e fra l'eterne

Nevi dell'Alpi, oh quante volte errai

Mutando i passi insanguinati e stanchi.

Vi fia noto ond'io torno, e qui vedrete

Altre genti adunarsi al mio vessillo,

Ch'è quel di Cristo: ma con voi, Romani,

Era sempre il mio cor: muto divenga,

Italia, se t'oblio! Quasi due lustri

Qui contro Eugenio io stetti, e quella sacra

Fiamma nutrii, che vi riarde i petti.

Costui cominciò lupo, e poi fu volpe,

E prodigo di pane ai rei mendichi,

Qual merce vil la libertà di Roma

Comprar sperò dal volgo: il reo disegno

Morte interruppe, e liberal Giordano

La penuria fugò. Questa ritorna,

Se una cieca licenza alle rapine

Precipitar vi fa: poveri tutti

Fa la rapina, e nasce ogni delitto

Che genera rimorsi: i sacerdoti

È noto a voi che trafficar gli sanno.

Quante volte gridai da questi colli:

Non lice al clero posseder; gli basti,

Con parchi cibi a sostener la vita,

Quanto gli offre il fedel; né tesoreggino

Il furore di Dio pastori avari,

Che hanno nell'arche l'anima sepolta;

E la santa virtù gli rimariti

A quella che sposò Cristo col sangue.

Quanto il clero acquistò con lungo inganno

Parta fra voi la legge, e non dovrete

Mendicare o rapir. Forse temete

Poco ottener, se da gran tempo il mondo

Coi suoi tributi a satollar non basta

La cupa fame della lupa ingorda?

 

POPOLO

Leggi, sì, leggi

 

ARNALDO

Perché alfin tu torni

A grandezza e virtù, popol di Roma,

E quel che fosti, e dove sei rammenta.

Il Campidoglio è questo: ecco il ruggito

Di mille voci, e mille petti alzarsi

Con fremito sdegnoso. A questo nome

L'aura sentite dei trionfi antichi

Sulle libere fronti. E tempio in pace,

E rôcca in guerra ei fu. Dal sacro monte

Scenda, e nei chiostri a inabissarsi vada

Chi servitù sognasse. Ecco il Tarpeo

Novamente afforzato: armi vi sono

A difender la patria, e qui sedete

A libero consiglio, e son risorte

Quelle virtù che il sacerdote aborre.

Or da quei sassi, ove regnò l'oblio,

Vien memoria e rampogna. A voi, Romani,

Queste ruine parlano: sul volto

Vi leggo i segni di dolor sublime.

Ogni sepolcro interrogar vi piace,

E fra le tracce del valor latino

Aggirarvi sdegnosi e riverenti,

Ché la terra ad ognun, Fermati, grida,

Tu calpesti un eroe. Sull'ardua cima

Qui saliro ai trionfi, ed or d'astuti

Monaci iniqui, traditori e molli,

L'eterna gente ove non nasce alcuno,

S'edificò sulle ruine il nido;

Chiuse fra l'ombre sue marmi custodi

Di ceneri famose, e poltroneggia

Fra le glorie di Roma e le sventure.

O Campidoglio, ov'io m'aggiro e fremo,

Scoti il peso più vil da cui la terra

Esser possa costretta, e non si trovi

Sopra la via dei tuoi trionfi antichi

L'ignominia del mondo: ostacol turpe

Son le lor case agli occhi. Oh! d'altra parte

Le sparse membra contemplar vi piaccia

Dell'eterna Città, la cui grandezza

Sembrò favola ai vili, e con un guardo

Fece il terror del mondo, e il suo destino.

Tu solo, o Roma, sotto il Ciel sembrasti

Fuor dell'ira del fato e della morte:

Il tempo stesso, vincitor di tutto,

Non si fidò nelle sue forze, e chiese

Ai barbari soccorsi, e ai sacerdoti.

Ma non ferro, non fuoco, e non la polve

Di lungo oblio le tue superbe moli

A ricoprir bastò: sfidano il Cielo

Vincitrici dei secoli. Lo giuro

Pei vostri fati; così voi, Romani,

Trionfar dei tiranni alfin saprete.

Leggi, che molta età fe' stanche e mute,

Vi piaccia rinnovar: titoli antichi,

Ma glorïosi ancor. Consoli vanta

Ogni città d'Italia, e tra voi nacque

Quel magistrato augusto allor che Bruto

Segnò dei regi l'ultimo delitto

Col ferro che traea dal sen pudico,

E il primo Sol di libertà splendea

Sul sangue di Lucrezia. E qui, Romani,

Quel venerato ufficio è solo un nome

Scritto sulle ruine: alfin risorga:

Alfin vi piaccia ristorar la santa

Maestà del senato, e i cavalieri,

Fra la plebe e i patrizi ordin vetusto.

 

POPOLO

Come? i patrizi?

 

ARNALDO

Ma vi sian tribuni

Ch'abbiano sacra la persona; e questi

Sian difesa alla plebe. Amo la plebe,

D'esser plebeo mi vanto; e il grande io seguo

Liberator dei servi: ei fra le turbe

Il pan divise e la parola eterna,

E fra gli oppressi ritrovò gli amici.

Or su i troni di Francia e di Lamagna

Cerca tiranni il Fariseo novello,

E di Cesare in nome un'altra volta

Sarebbe Cristo ucciso.

 

PARTE DEL POPOLO

Or su, creiamo

Console Arnaldo.

 

UN'ALTRA PARTE DEL POPOLO

Sia tribuno Arnaldo.

 

ALTRI DEL POPOLO

Non è Romano.

 

ARNALDO

Nell'Italia io nacqui.

Odi, o popolo mio: benché lontano,

Sul tuo destin vegliava. A tutti è noto

Che le spelonche sue Lamagna aperse,

E i nostri campi un'altra volta inonda

Barbarico diluvio: ed io, Romani,

Pria che tra voi tornassi, in santa lega

Unir tentava le città lombarde.

Oh ferreo petto e mille voci avessi!

Non per accesi detti arida e stanca

La lingua che gridò: Siate fratelli

Quanti fra l'Alpi e Lilibeo spirate

Il dolce aër d'Italia, e un popol solo

La libertà vi faccia. O Campidoglio,

Dell'eco tuo degne parole ascolta;

Ripetile a ogni colle: aure, che il petto

Respirava di Bruto, ad ogni orecchio

Portatele fra noi. Se Italia sorge,

Qual fosse un uomo, con voler concorde,

Spade non chiegga a debellar Tedeschi

Da quella terra ove calpesta i fiori

Il ferreo piè dei suoi corsier superbi;

Raccolga un sasso, in lor lo vibri, e basta.

A questo ver che non si grida assai,

S'apra ogni cor, e ch'io non parli indarno.

crediate però ch'esser qui voglia

O console, o tribun: porpora ed oro

Copran colui che a Costantin succede

In queste pompe, e non a Pietro. O Roma,

Qualunque il merti agli alti uffici eleggi

Fra l'italica gente, e si ristori

Con senno, figlio degli esempi antichi,

La repubblica tua: dei miei consigli

Non sarò parco ad ordinar lo stato.

Se questo avvenga, edificarmi io voglio

In quel deserto, ove insegnava il vero

Quell'Abelardo che mi fu maestro,

Tugurio vil che sia di terra e canne:

veglierò nella preghiera, e al Cielo

Alzerò voce che del Cielo è degna,

Né mai sorge dal cor dei sacerdoti.

Libera sia Roma, l'Italia, il Mondo,

E poi la morte a Dio mi riconduca.

 

POPOLO

Chi giunge mai?

 

UNO DEL POPOLO

Veggo la polve alzarsi

Dalla soggetta valle.

 

UN ALTRO DEL POPOLO

Odo più presso

Un calpestio di rapidi cavalli.

 

POPOLO

Mano alle pietre!

 

UNO DEL POPOLO

In Campo Marzio io nacqui.

 

UN ALTRO DEL POPOLO

Trasteverino io son.

 

ARNALDO

Siate Romani.

 

UNO DEL POPOLO

Son cardinali.

 

UN ALTRO DEL POPOLO

Empia genia.

 

ARNALDO

Mirate

Quanto orgoglio di manti: a voi mendichi

Un obolo si getta, e quei superbi

Fan morder l'oro ai palafreni ardenti

Usi coi piedi a divorar la via.

 

UNO DEL POPOLO

Leon li guida, e ha in man la spada.

 

 

 




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