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Giovan Battista Niccolini
Arnaldo da Brescia

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Scena quarta. Il cardinale Guido di Santa Pudenziana, Leone Frangipani

 

Il CARDINAL GUIDO DI SANTA PUDENZIANA con altri cardinali a cavallo, e LEONE FRANGIPANI coll'insegne di prefetto di Roma.

 

IL CARDINAL GUIDO

Udite.

A pontefice abbiamo il cardinale

E vescovo d'Albano; e a lui piacea

Adriano chiamarsi.

 

UNO DEL POPOLO

Il suo cognome?

 

UN ALTRO DEL POPOLO

La patria sua? Nol conosciamo.

 

UN CARDINALE

Ei presto

Conoscer si farà.

 

UN ALTRO CARDINALE

 

Brechspir Britanno.

 

GIORDANO

Empia razza, crudel, sceglievi a Roma

Un barbaro in pastore!… ei già col nome

Ci lacera gli orecchi.

 

ARNALDO

Io mai non chieggo

Ove nacquer costoro; e a lunga prova

Voi, Romani, per Dio, saper dovreste

Che non han patria i sacerdoti.

 

LEONE

Oh, fine

A queste voci irreverenti e stolte.

Lasciate il Campidoglio: ognun ritorni

Alle sue case: assai di due ribelli

Abominati d'anatèma udiste

L'eretiche parole. Or che si tarda?

Tosto di qui sgombrate, o a porvi in fuga

Con molti prodi che gli son fedeli

Adriano verrà.

 

ARNALDO

Lucio ricordi: —

E tu, Romano, allo stranier tiranno,

Se ascender osa il Campidoglio, addita

L'orme del sangue pontificio. Immobili

Qui come il sasso del Tarpeo si resti.

 

LEONE

Cedete a questa venerata insegna

Di vetusto poter. Prefetto io fui

Della santa Cittade, e i dritti antichi

Adrian mi rendea.

 

GIORDANO

Costui ristora

Ciò che Roma abolì.

 

UNO DEL POPOLO

Non più prefetto;

Il patrizio vogliam.

 

UN ALTRO DEL POPOLO

Viva Giordano.

 

ARNALDO

Viva la libertà! dal popol viene

Ogni possanza: quella spada infame

Franger vi piaccia, e calpestar nel fango.

Tinto del sangue di Crescenzio, e fatto

vile dai suoi rimorsi, Otton la diede,

Un Cesare Tedesco, alla tremante

Mano d'uom ligio, e fu pallore uguale

Nel volto dello schiavo e del tiranno.

Poi la spada crudele, e benedetta

Per ogni astuto, ond'è querela eterna

Fra corona e tïara, e croce e scettro,

Andò di schiavo in schiavo, e alfin pervenne

Al più vile di tutti.

(A Leone Frangipani è tolta e poi rotta la spada per alcuni del popolo, ed egli impaurito s'allontana.)

 

IL CARDINAL GUIDO

Un tanto oltraggio

Cesare offende, ed Adriano, e Dio.

Dal Ciel discende la virtù che spira

Nei nostri petti: a sostener sue veci

Cristo elesse Adrian, ché la sua fede

Nella Norvegia egli recò.

 

ARNALDO

Mentite:

Nella barbara terra il crudo Olao

Quella dottrina che dal sangue aborre

Mal seminò col ferro. Esser potrebbe

Apostolo un tiranno? In sì remote

Genti io non so ciò che Adrian facesse:

Forse, come Ildebrando, al re Britanno,

Per la romana curia, omaggi ed oro

Chiesti vi avrà.

 

UN CARDINALE

Povere son.

 

ARNALDO

Chi tanto

Povero fu che voi non siate avari?

Molto lor tolse il ferro, e colla frode

Certo Brechspiro li avrà fatti ignudi:

Son rapine le vostre, e sembran doni.

Costui m'è noto: da uno schiavo ei nacque,

E d'esser schiavo è degno: egli al Normando,

Che la sua patria opprime, è fatto amico.

Mendico errante d'Avignon nei chiostri

Giungea fanciullo, e ministrar fu visto

Negli uffici più abietti: ivi a quei falsi

Monaci piacque per dolcezza astuta;

Lor arti apprese, e fra gl'inganni e l'ire

Sorger potea dalla natía lordura

A tiranno dei vili.

 

GIORDANO

Iniqui! un servo

Pontefice di Roma!

 

UN NOBILE

E fia sofferto

Da noi patrizi?

 

IL CARDINAL GUIDO

Rimaner più a lungo

Qui non dovremmo: ma pietà ci stringe

Dell'alme vostre. Sono al Cielo in ira

Ed Arnaldo e Giordano, ambo divisi

Dal grembo della Chiesa: è un gran peccato

La vostra libertade.

 

ARNALDO

Empio! che dici?

È nel Vangelo un ver che ci sublima,

E non ci avvalla nel servaggio; e Cristo

Uomo si fe' per sollevarci a Dio.

 

IL CARDINAL GUIDO

Teco non parlo, eretico. — Romani,

Se il gregge errante allo smarrito ovile

Non riconduce del Pastor la verga,

Ad esso è forza d'invocar la spada,

Che, se ai monarchi è data, alzar si deve

Al cenno sol dei sacerdoti. È presso

Lo Svevo Federigo: i suoi disegni

A voi noti esser denno: ei già da questi

Splendidi sogni, che fra voi rinnova

Un monaco infedel, colle sue fiamme

Desta i Lombardi, ed a riprender viene

Ciò che Italia usurpava, e nel furore

Del suo lungo soffrir, colle ruine

Gode farsi la via. Quanta diversa

È la Chiesa con voi! soffre ed aspetta,

Imitando l'Eterno. Ah! più non pianga

Su i figli che delirano; tornate

Al suo materno sen: qui venni i giusti

A separar dai reprobi. Già rugge

La tempesta di Dio: fedeli agnelli

Stringetevi al pastor, ché dirgli io possa:

Eran smarriti, ed a perir vicini

Li ritrovava.

 

UN CARDINALE

(Questi versi sono detti in disparte dal cardinale ai suoi confratelli.)

 

Andiam, fratelli: invano

Qui venuti non siampiange il devoto

Femineo sesso, e lacrime caduche

Stan sul ciglio dei vecchi… Ecco che molti

Abbandonano Arnaldo, e ognor più rara

Divien la plebe che gli fa corona.

Mobili son gli affetti suoi… si tragga

Tosto con noi pria che la muti Arnaldo.

Qual fulmine che dorme entro le nubi

Era il silenzio in lui: schiuder lo veggo

A tremenda risposta il labbro audace,

Che incenerisce colla sua parola. —

Chi è Cristiano ci segua; e voi tremate,

Che qui ardite restar. Cesare viene

Del papa i dritti a sostener: punirvi

Più dei Lombardi ei dee. Siete ribelli

Alla Chiesa e all'Impero. — Or qui rimani,

(Queste cose dice sommessamente all'Annibaldi.)

Annibaldo fedel: nei petti imbelli

Tu, con un falso che somigli al vero,

Cresci i terrori del vicin periglio.

 

 

 




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