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Giovan Battista Niccolini
Arnaldo da Brescia

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Scena diciassettesima. Un Cardinale sulle soglie del tempio, quindi Adriano, e Detti

 

CARDINALE

Questo ferètro

Celi il corpo di Guido, e sia locato

Presso l'ara maggior.

(Così dice ad alcuni servi che mettono il cardinale nel catafalco. S'aprono le porte della chiesa, e il popolo vorrebbe entrarvi.)

 

POPOLO E DONNE

Non ti rincresca

Che lo seguiam.

 

ADRIANO

(Non visto.)

Lungi.

 

DONNE

Qual voce è questa?

Il pontefice, oh Dio!

(Adriano si mostra con maestà minacciosa sulla porta della chiesa.)

 

ADRIANO

Fu sparso in Roma

D'un cardinale il sangue.

 

POPOLO

Avrà vendetta.

 

ADRIANO

Qui regna Arnaldo. Ognun di voi la Chiesa

Dal grembo suo respinge, e queste soglie

Io varcar v'interdico.

 

CARDINALI

Indietro.

 

ALTRI CARDINALI

Indietro.

 

POPOLO

Questa è insolita pena.

 

ALCUNI DEL POPOLO

Entriam nel tempio.

 

DONNE

Chi l'oserà dopo il divieto?

 

POPOLO

Oh vili!

La chiesa è nostra: essa è di Dio la casa,

Del Padre nostro che a nessun la serra.

 

UNO DEL POPOLO

(Vorrebbe entrarvi.)

Io non ardisco.

 

DONNA

Io tremo.

 

POPOLO

Al santo cenno

Sopra i cardini suoi rugge, e si chiude

Ferreo cancello, e ne respinge.

(Si chiude solamente il cancello della chiesa, onde è concesso vedere quello che dentro vi si fa.)

 

ADELASIA

Amiche,

Sul limitar prostriamoci: si gridi:

(Tutte te donne gridano come Adelasia.)

Adriano, pietà; gittar ne lascia

Ai santi piedi.

 

POPOLO

Ah forsennate, e vili!

Come fango ei vi calchi.

 

ADELASIA

Ai cardinali

Mormora nell'orecchio, e poi sparisce

Fra tenebre improvvise: ahi che prepara?

Ma di pallidi ceri al lume incerto

Ricompar fra gli altari: egli si posa

Sul gran seggio di Pietro. Oh qual tremenda

Maestà sul suo Volto!

 

POPOLO

Alfin tacete;

Qui move un sacerdote.

 

DONNE

Oh Ciel, che reca?

 

ADELASIA

(Il discorso di Adelasia è accompagnato da gemiti e gridi di donne devote.)

Tu, Signore, hai nella stola

Il color della viola,

Qual dei giorni del perdono

Si richiede ai santi riti.

Oh! mercè dei rei pentiti!

 

SACERDOTE

Nunzio qui dell'ira io sono

Di Gesù da voi conquiso

 

DONNE

Oh da noi che mai s'ascolta!

 

SACERDOTE

Crocifisso un'altra volta

In quel pio che giace ucciso,

Ei vi chiude il Paradiso.

 

DONNE

Dei sacri bronzi il suono!

Misere noi, che fia?

(Suona la campana dell'agonia.)

 

UNA DONNA

Annunzia l'agonia.

 

ADELASIA

Propizia all'infelice

Di Dio la Genitrice

Preghiamo, amiche; e tu, Roman Pastore,

Coi tuoi voti soccorri a quei che muore.

La moglie, o il suo consorte

Combatte colla morte.

Poiché sentì sul ciglio,

Le lacrime d'un figlio,

Lo spirto ignudo e solo

S'alza a temuto volo.

 

SACERDOTE

Questo suon che vi reca paura

Non annunzia privata sventura:

Tutti avvolge la stessa ruina

Siete morti alla grazia divina.

Or se alcuno avvien che pera,

Sacerdote nol consola;

Per lui tace la preghiera,

Ed è morta la parola

Che lassù rapida ascende,

Sicché Iddio tosto discende.

È muto il suon degli organi devoti,

E fra gl'ignudi altari è luce tetra;

Stanno in mesto silenzio i sacerdoti

Abbandonati sulla fredda pietra.

 

DONNE

Pietà di noi!

 

ALCUNE DONNE

Pietà di tutti, o Padre.

 

UNA DONNA

Io son moglie; infelice!

 

UN'ALTRA DONNA

Ed io son madre!

 

IL PAPA COI CARDINALI DENTRO LA CHIESA

Di Cristo le immagini

Velate, o fratelli,

Ed ogni reliquia

Nascondan gli avelli.

Costoro delirano

Per vanti feroci!

Prostratevi agl'idoli,

Si atterrin le croci.

Pier, di tue glorie il Tebro

Omai più non ragiona:

Qual dalla fronte all'ebro

Cade una vil corona,

Roma così dimentica

Ciò che in lei fece Iddio;

Venne di molti secoli,

Come d'un , l'oblio.

Quando Attila volea fino alla polvere

L'altezza umilïar delle tue mura,

E che tu fossi vasta solitudine

Senza un'orma di gloria e di sventura;

Non pei derisi fulmini dell'aquila

I pensieri agitò della paura,

Ma poiché a Paolo e a Pier, di Cristo eroi,

Mirò la spada che vuoi tôrre a noi.

Al vicario di Cristo il suo diritto

Negava Arnaldo, e sciolse agli empi il freno,

E cieca di furor corse al delitto

Roma, che inebriò del suo veleno:

basta il sangue di quel pio trafitto

Che ha di cinque ferite aperto il seno;

Arsi egli vuol col tempio i sacerdoti,

E senza altare il mondo, e senza voti.

 

UN CARDINALE

E qui l'empio trionfa? Ahi Roma ingrata!

La paura e l'ignominia

Sian corona alle tue mura,

Nelle vie la solitudine,

Sulle porte la sventura.

 

IL PAPA

(Inginocchiandosi.)

A Dio quest'alma il gemito

Invia del suo dolore;

Deh sorgi alfine, e giudica

La causa tua, Signore!

 

I CARDINALI

Come nube che il vento persegua,

Come fumo che in Ciel si dilegua,

E che appena guatato, non è;

Spariranno i nemici di te.

 

IL PAPA

Il nome tuo dai perfidi

Oggi a temer s'impari;

Non regnin fra le ceneri

Dei dissipati altari.

I lor giorni sian brevi ed incerti,

E raminghi in sentieri deserti

Li sgomenti ogni fronda che trema.

 

CARDINALI

Anatèma, anatèma, anatèma.

 

IL PAPA

Di lor case alle gelide soglie

Poi s'assida la vedova moglie

Col figliuolo che accanto le gema.

 

CARDINALI

Anatèma, anatèma, anatèma.

 

IL PAPA

Questi nato al furore di Dio,

Erri lungi dal tetto natio

Nel terrore dell'ora suprema.

 

CARDINALI

Anatèma, anatèma, anatèma.

 

IL PAPA

Vada alle case d'oppressor straniero,

Ch'empian le spoglie dei fratelli uccisi,

Di donne che svenò nel vitupero;

E con detti ignoti, oppur derisi,

A porte inesorabili prostrato,

Un pan dimandi.

 

CARDINALI

Che gli sia negato.

 

IL PAPA

Odo l'empio che grida: Io dal Signore

M'involerò sopra veloci antenne

Nell'Oceàn mi segue il suo furore

Fuggo al deserto… oh chi mi le penne?

In tenebroso orror chi mi conduce?

Ahi per l'occhio di Dio la notte è luce!

Fratelli, si adempiano

I riti severi,

Al suolo si gettino

Gli squallidi ceri,

E s'estingua la gioia, e in Dio l'amore,

Nel cor di queste genti a Pietro ingrate,

Come la luce che qui cade e more

In queste faci che col piè calcate.





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