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Giovan Battista Niccolini
Arnaldo da Brescia

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Scena quarta. Coro di Soldati tedeschi che sopraggiungono

 

Se i fuggitivi di ferir disprezzi,

Teutone lancia, in van di sangue hai sete:

Coi nostri brandi a mille pugne avvezzi

Or qui la messe pel destrier si miete.

Langue il feroce, e in suolo arso riposa

Le membra che un sudor vile gli solve,

Ché più trombe non ode, e procellosa

Sotto i piè non gli nasce onda di polve.

Oh mollissima gente in dolce loco,

Sol vi difende la virtù del sole!

Nelle case che strugge il nostro foco

Come poteste abbandonar la prole,

Se pur timido augello, il qual non ebbe

Forza di rostro e di rapaci artigli,

Coll'ali aperte onde fuggir potrebbe,

Pugna sul nido, e vi difende i figli?

 

UN CAPITANO TEDESCO

O vedovate da perpetuo gelo.

Terre, e d'incerto dì mesto sorriso,

Addio per sempre: questo petto anelo

Scosse di gioia un palpito improvviso

Quando il Tiranno splendido del Cielo

Mi rivelò d'Italia il paradiso,

Ove l'occhio alle piante or non fa muto

Coi suoi rigidi veli il verno acuto.

(Volgendosi ai soldati.)

Presto al grappol pendente

Dalla materna vite

Ognun di voi placar potrà l'ardente

Sete delle sue fauci inaridite.

Sotto il platano ombroso

Pria che l'uva nereggi

Or noi sediamo; e il prigionier tremante

Ci mesca il vino annoso,

Che alla gioia serbò dei suoi conviti

Nei vasi d'oro che gli abbiam rapiti.

 

 




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