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Giovan Battista Niccolini
Arnaldo da Brescia

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Scena tredicesima. Popolo e Soldati romani da una parte, Esercito tedesco dall'altra

 

Ponte sul Tevere davanti al Castel Sant'Angelo.

 

CORO DI ROMANI

All'armi, Romani! fra queste ruine

Udite la voce dell'alme latine,

Che, Sorgi, ti grida, o Popolo Re!

L'eterna Cittade non muore alla gloria:

Mirate quel tempio che avea la Vittoria;

Il cener dei forti vil polve non è.

I nostri sepolcri son pieni di fati:

Vi fremono l'ombre degli avi sdegnati

Di lungo servaggio col vile dolor.

Un Barbaro usurpa di Cesare il nome,

E mano straniera gli pon sulle chiome

La nostra corona, del mondo terror.

Qui grida il Tedesco ch'è spento il coraggio:

La spada romana risponda all'oltraggio,

E contro il furore combatta virtù.

Ritorni al suo nido, ritorni alla prole;

Dal dì che non segue la strada del sole,

Ha l'aquila appresa la vil servitù.

Il ferro divori i lurchi Alemanni:

Voliamo a quell'Alpi che mandan tiranni,

Si chiuda col petto l'infausto sentier.

Il nobile esempio ci diede Milano;

Ognuno, fratelli, si chiami Italiano,

Uguale sia il nome, concorde il voler.

Ma lunge il Britanno Pastor senza legge.

Che i lupi chiamava sul misero gregge;

Per gire sul trono, calpesta l'altar.

Vi sacra il crudele la spada omicida

Aspersa di sangue, di sangue che grida:

O nave di Pietro, è questo il tuo mar?

Ed hai sul vessillo il nome di pace!

Il mondo ingannasti, parola mendace,

E il Santo nel Cielo per gli empi arrossì.

O tu, che soffristi per tutti i mortali,

Che liberi hai fatto, fratelli, ed uguali

Col sangue che i ceppi dell'uomo abolì,

Percoti l'errante che il mondo ha diviso.

Col nome di Rege tu fosti deriso,

Ed ei questo nome dimanda per sé.

Lo chiede al tiranno che uccise i tuoi figli;

Al mostro tedesco consacra gli artigli…

L'Italia nel Cielo sol abbia il suo re.

 

CORO DI TEDESCHI

Ognor s'avvallano queste ruine

Che del teutonico valor son fede:

Più giace il popolo che le possiede.

Invan richiamasi quel ch'è passato;

Né torna all'apice chi al fondo cade:

Roma è lo scheletro d'un'altra etade.

Non ha quel popolo seconda vita:

Da polve gravida di sangue e pianto

Nol desta magica forza di canto.

 

UN PRINCIPE TEDESCO

Salmi e non fremiti sono per voi,

Figli degeneri di antichi eroi:

La stola vestasi, non la lorica

E il ferro Italia mi benedica.

 

CORO DI TEDESCHI

La Chiesa li atterra, li calca l'Impero:

Han l'alma prostrata dal Re del pensiero.

Correte alla gloria di squallide mura,

Correte a celarvi la doppia paura,

Che il petto vi scote con palpito alterno;

Sul collo il Tedesco, ai piedi l'Inferno.

A voi natura diè la messe d'oro,

Ed il tenero fior di primavera;

A noi diletta il sanguinoso alloro,

Di bellico furor la gloria altera.

Se ci fanno le nubi eterno velo,

Più possente la vita è sotto il gelo.

A noi tra i boschi il fremito dei venti,

E del mar nella notte il gran ruggito,

Mostra i tumulti delle pugne ardenti,

E suon di trombe, e di corsier nitrito:

Qui l'aura geme siccom'uom che prega,

Mormora sulla rosa, e non la piega.

 

CORO DI ROMANI

Di tedesca natura

Sono verace immago

Acque stagnanti in lurida pianura,

Che mai non sorge a colle, e resta umile,

Come bassezza di pensier servile.

La terra sconsolata

Un lutto par dell'universo; e l'alma,

Vedova desolata

Piange lacrime sue: ritrova il mesto

Occhio un vile confine

Anche in livide spine, e la deserta

Landa sparisce fra le nebbie: il sole

Sdegna mirarvi, ché dei corpi inerti

Nella mole tranquilla

Poca è la vita della sua favilla.

 

 

 




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