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Giovan Battista Niccolini
Arnaldo da Brescia

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Scena quarta. Un Capitano svizzero

 

Che fai?… ci segui… ancor n'hai tempo, Arnaldo.

Magnanimo rifiuto! ammiro, e piango!…

Da quell'inerme che sul mondo impera,

Roma fu vinta. Alta follia sarebbe

La possanza affrontar di Federigo

Per una plebe che s'affolla e piange

In ogni tempio: e se noi qui restiamo,

Potria Lamagna, che ci freme intorno,

Arder le nostre case, e sterminarci

I genitori, le consorti, i figli;

Né qui pugnar potremmo: ogni vigore

Già ci abbandona; e peso, e non difesa

Nell'armi avrem, se più divampa il sole.

Ahi questo cielo sorridendo uccide

Pur colui che vi nacque: e ben si fugge

Dai vôti campi ove ha la notte orrori,

E non riposo, e ti minaccia a gara

E la natura e l'uom. — Qui che vedeste?

 

CORO DI SVIZZERI

(che partono)

Orgoglio di nomi, ludibri di sorte;

In vasti deserti silenzio di morte,

O in lande nebbiose vaganti fiammelle,

Muggito di bove che al giogo è ribelle;

Per l'ampio sentiero cavalli fuggenti

Con orridi crini, ludibrio dei venti.

Non canto d'augelli, non lieto romore;

Ma eterni custodi di antico dolore,

E tombe e ruine che metton sgomento,

Al suono dei pini commossi dal vento.

Han tenebre i boschi d'insidie ripiene;

Non vigili fonti, ma squallide arene,

O in letto profondo un rivo ch'è muto,

Con livido flutto ed irresoluto:

Né ha margin che lieto sia d'erba o di fiore,

Ma in sterili sabbie s'asconde e vi more.

Quai spettri custodi di antichi castelli,

Da case che sono macerie ed avelli,

E pallidi e nudi, da febbre riarsi,

Tu vedi cultori repente affacciarsi

Con livide facce, con sguardo feroce,

Se suono li desta d'insolita voce.

Qui gravi le nubi sul capo mi stanno;

Qui pallida è l'erba, il sole un tiranno.

 

UNO SVIZZERO.

Un indomito amor del suol natio

Di qui ne tragge, a riveder ci guida

Le mura eterne che vi fece Iddio.

Sopra l'aride vie di terra infida

Mi dà tormento la soave immago

Del dolce rio che al mio tugurio è guida.

Oh ch'io mi posi ove sorride il lago,

Ch'ascolti il suon delle note parole,

E sul margine suo romito e vago

Io dorma, e sogni la diletta prole!

 

 

 




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