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Ferrante Pallavicino
Il corriero svaligiato

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  • 3 - IL CORRIERO SVALIGIATO
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Reverendissimo Signor mio

Qual Diavolo perseguita costà li letterati, onde mal rimeritate si scorgono le loro fatiche e interdetta la lettura delle loro composizioni? Qual'estraordinario rigore ha introdotto un severo scindicato de' libri, ove regna la dissolutezza de' costumi? L'auttorità pratticata altre fiate solo in censurare la temerità degli Eretici, che con dogmi contrari alla fede corrompessero la verità, s'abusa ora a termine di proibire li libri, o per malignità, o per ignoranza. Già si vede rimmessa questa causa, o a' Padri Giesuiti, li quali appruovano ciò solo ch'esce dalle loro penne, o ad altri men dotti, ma più invidiosi, che permettono a publica notizia le opere sole che si conformano a' loro capricci. Abbiamo gli esempi nell'Adone del Marini, e nella proposta fatta non è molto di vietare la lezzione delle istorie sacre tramutate con le parafrasi moderne dello stile Italiano, ad onta di soggetto il quale ha scritto in questa materia. Dunque un giudicio in cui devono aver parte li soli sentimenti della coscienza sarà corrotto da sensi d'animo poco ben affetto, colà ove si professa l'integrità di pensieri non meno che d'azzioni Sante? Altra non posso credere sia la cagione della severità, con cui in questi tempi si condanna un libro, quasi eretico, o empio nella corruttela de' costumi per simplici parole, non mai negate alle descrizzioni de' Poeti, o alle scritture de' profani. Con tale sentenza si puniscono le parole Fato, Deità, Destino, Paradiso, Beatitudine, e altre simili; quasi che in chi scrive, o in chi legge vacilli la vera credenza, onde possa scuotersi da questi accenti, quali rassembra si confrontino co' pareri della pazza Gentilità. A che non può traballare per queste minuzie la fede d'un Christiano, quando stia ferma al vedere costà conculcati li precetti di Christo, disprezzati li suoi consigli, esercitata la Simonia, e la Sodomia con qualunque altro vizio peggiore, da chi dassi a credere più d'ogni altro perfetto. Io per me stimo che ciò proceda dallo scorgere li libri moderni avvantaggiati di riputazione, onde si sepeliscono le altre freddure, con le quali in particolare d'ingegno presumono di trionfare d'ogni altro alcuni fratacci, in libri di Scolastica, o di Prediche. Scorgono benissimo, come verità palese anche a' più ciechi, qualmente li nuovi libri di belle lettere portano il vanto sopra le altre materie. Le opere di Teologia o Filosofia non aggiungono a' loro autori altra gloria che quella può acquistare il titolo di buoni Asini, abili al portare grande soma, dove dalle intere biblioteche di libri traportano le sentenze, le opinioni, gli argomenti, tutto il contenuto in somma, non altro appunto, che un transunto de' pareri d'altri scrittori. Ne' discorsi sacri, o nell'adunanza di Concetti predicabili, non èvvi altro merito, fuori di quello può avanzare la temerità in falsificare la Bibbia, in mentire l'autorità de' Santi, in corrompere in somma con sensi stiracchiati, e con rozo stile ciò che più altamente altri ha pronunziato. Altri in somma, che forse maggiormente presumono in una affettata erudizione, mostrano di saper poco, mentre danno a vedere d'aver letto molto, in guisa che compariscono ricchi solo con pompe mendicate; e scorgesi non essere la loro virtù un fonte nascente, mentre la loro fecondità dipende da quanto somministrano rivoli maggiori. Se la perfezzione d'uomo dotto in questa forma sortisse li suoi privilegi, ne seguirebbe biasimo, o niuna lode a' primi, li quali senza rapire le altrui scritture, senza ingravidarsi delle altrui sentenze produssero partiingegnosi, che ancora vivono dopo tanti secoli, che consumati dal tempo hanno pruovata la morte.

Rinuovansi le antiche glorie de' primi letterati da' moderni scrittori, mentre con la dettatura di stile lor proprio e con vivacità di spiriti somministrata dall'anima dell'intelletto stesso, che gli tramanda alla penna, formano le composizioni invidiate per la precedenza, ch'ad ogni altra sortiscono. Né di ciò può dubitarsi da chiunque sa qualmente tra gli autori furono detti mai sempre Divini li Poeti, e con titolo d'Entusiasmi, o furori inspirati dal Cielo si nominano li profluvi de' loro discorsi; non così le più sottili Questioni, overo li più eruditi ragionamenti. L'esquisitezza dello stile Toscano, pratticato in questo nostro secolo, altro non è che la Poesia medesma assolta dalla severa obligazione della Rima, e quindi ha communi gli atributi, ch'assignandole la porpora, fanno per riflesso di questa arrossire ogni altra forma di scrivere. Ecco la pietra di scandalo, in cui inciampando ogni libro de' migliori, pare che cada degnamente per supposti falsi, e per imaginati pretesti, nelle Censure Ecclesiastiche.

Li sopra intendenti costà a questo negozio, come ignoranti rimmettono la causa a' Padri Giesuiti, li quali con sopraveste di Teologo danno a credere che molto studio partorisca un buon cervello. Questi poi, come per ordinario ambiziosi, e maligni persecutori di chiunque esercita la virtù, condannano con vera invidia, benché con apparenza di zelo, quelle opere dalle quali veggono poste in disprezzo le farraggini de' loro scartafacci. Mercé che li più saggi non sono sì sciocchi, che apprezzino le parole d'un Papagallo maggiormente degli discorsi d'un uomo; o con erroneo senso si persuadano di giudicar quegli nel suo cinguettare più perfetto. Con lo stesso paragone io tratto il merito de' letterati facendo Papagalli coloro ch'altro non dicono, se non ciò che trassero da' libri, o di che furono imbevuti dagli altrui insegnamenti. Stimo uomini que' soli che scrivono quanto è loro suggerito dal proprio intelletto, né tengono bisogno di rivedere gli squarciafogli antichi, a fine di ritruovare alcuna partita, da cui s'accresca il capitale di poco sapere.

Da questo eccesso di merito, ch'acquistano li libri de' migliori, segue ancora che li Padri Dominicani, li quali hanno convertita in tirannide l'autorità posseduta nella Inquisizione, procurano col proibirgli divertirne la publica notizia. Con poca o niuna mutazione gl'imprimono poi sotto lor nome, onde con questi tesori malignamente sepolti, arricchiscono di personaggi dotti la loro Religione. Artificio è questo usato da essi, perché, come nel vivere mendicanti si mantengono con ciò che accattano, così non men poveri d'ingegno, e di dottrina, s'avvantaggiano nel credito con ciò solo ch'in tal modo essi rubbano.

Non altrimente però devono trattarsi le composizioni ch'essendo degne di singolar lode incontrarebbero particolare pregiudicio, non perseguitate dagl'invidiosi, e dagl'ignoranti. Crederemmo ghiande le gemme, quando proposte a' Porci riuscissero loro aggradite. Quel tiranno da cui solo per non avvilire il prezzo dell'argento, e dell'oro si vietò, anzi si punì l'invenzione maravigliosa di colui che rappezzava il vetro, e lo faceva trattabile al paragone di qualunque più pieghevole metallo, insegni quali siano li personaggi, e quali i fini, onde si proibiscono le opere ripiene di gloria, sì che soprabonda l'ammirazione.

Io non posso non esaggerare in tal modo, chiamando tiranniche queste proibizioni, mentre scorgo esserne fatte fondamento bastevole le parole baci, abbracciamenti, amorose contentezze, e altre simili espressioni di scambievole affetto. Aspetto d'ora in ora d'udire che venga proibita la lettura della Bibbia, dove sono frequenti e chiare le parole osculatus est eam, dormivit cum ea, coivit cum ea, e simili. Non è forse la Sacra Cantica tessuta d'amorose tenerezze, in guisa che maggiori non possono porsi in bocca d'un amante a fronte della sua Diva? Per qual causa dunque non si permettono alla descrizzione d'amori terreni que' veri, e propri termini, che usa lo Spirito Santo in senso metaforico, per dichiarazione d'amore spirituale?

Deh, che in cotesta Città si pratticano amori, ne' quali non possono intervenire li baci, e quindi vietano l'imprimere questi su' fogli, come abborriti da cotesti Grandi, li quali non ne aggradiscono l'impressione su le labra, nella fronte, o nelle guancie. Dubitano ch'in somigliante lettura si corrompano gli animi de' giovani, onde non sia loro lecito il fargli corrompere a lor voglia più indegnamente. Temono ch'in vedere rappresentate le naturali delizie dell'amore di donna, si rimuovano li giovani dal consentire a quegl'infami diletti, che soli appruovansi nella prattica. In somma io non so conoscere con qual fondamento il rigore delle censure perseguiti li termini amorosi permessi nel matrimonio, né contrari almeno alla natura in altri congiungimenti, se non per bandirne la rimembranza, e abolirne l'uso. Quindi pretendono vivi que' soli co' quali si nutre l'infamia de' loro piaceri. Proibisca Roma gli eccessi, co' quali corrompe non che li costumi la fede; o se dalla qualità del clima, o dall'abito divenuto natura, è fatto necessario il comportargli, compatiscano ancora que' libri, ne' quali fa di mestieri il lusingare il secolo con alcuni tratti vezzosi. Conchiudo in somma che un libro moderno non può nuocere a persone simplici, come superiore alla loro capacità; alle persone intelligenti non insegna cosa di male, come posteriore alla cognizione, che hanno della qualità del mondo per vivacità di spirito, che precede talvolta la prattica. Se a Vostra Signoria Reverendissima occorresse talvolta il discorrere familiarmente con alcuno porporato costà, gli manifesti questo inconveniente, con cui si discredita l'autorità del Pontefice. Fatte tanto ordinarie le proibizioni, non più s'apprezzano, e per altra parte aummentandosi il pregio de' libri, quando sono proibiti, invoglia ciascun autore di mendicare con tal mezo maggior valsente alle sue composizioni. È almeno disordine grande, in biasimo di chi si scuopre più maligno che zelante, in questa premura contro li libri, non contro li vizii. Scusi V.S. questo sfogamento necessitato dalla impertinenza degl'Inquisitori, li quali non più lasciano che scrivere, o che leggere a' letterati. Intenderei volentieri con quali pretesti coonestino cotesti Signori simile tirannide. Se ne otterrò la grazia moltiplicarà l'obligazione, contratta già per la toleranza con cui avrà V.S. letta la presente, alla quale però imponendo fine bacio a V.S. le mani.

 

«Chi scrivedisse il Marchese — ha dimenticato l'uso di proibire li libri, pratticato anche da' Principi ne' loro stati, quando contiene alcun particolare non descritto a loro grado».

«Questo — soggiunse il Conte — è costume appreso da' Pontefici, e pratticato da' Grandi, li quali non vogliono che si dica la verità, quando massime scuopresi in essa alcun loro mancamento».

«Quindi è — ripigliò il Cavaliere — che più d'ogni altro fanno instanze per la proibizione di libri aspettanti a gl'interessi presenti li Spagnuoli; come che le loro azzioni, ripiene maggiormente di crudeltà, e d'ingiustizie, in qualunque carattere incontrano un rimprovero».

«Eglino — parlò il Barone — sono doppiamente interessati nell'odio di tali scritture, sì per la ragione ordinaria del vedere scoperte le loro ignominie, sì per particolare pregiudicio, mentre vedono dichiarate false quelle relazioni, o quelle scritture, ch'essi publicano con grande apparato di menzogne, per ingannare gli aderenti, e accalorare il proprio partito».

«È tanto facileridisse il Conte — il contradire a ciò che gli Spagnuoli publicano con affettate bugie, che li più ignoranti ancora in questi tempi s'ingeriscono in publicare scartafacci in loro scorno, e in far apparire, o la falsità de' loro assiomi, o la empietà delle loro massime».

«Non concorriamo dunque noi ancora — conchiuse il Marchese — con questi merloti, li quali dando di becco nelle azzioni de' Spagnuoli credono di far gran pruove, né s'avveggono d'esser conosciuti quasi Corvi, che si trattengono sopra Cadaveri fetenti, e abominevoli, ne' quali è morta la riputazione, e la gloria». In conformità di questo suo sentimento aprì altra lettera, in cui così era scritto:

 




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