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Reverendissimo Signor mio
Qual Diavolo perseguita costà li letterati, onde mal rimeritate si scorgono
le loro fatiche e interdetta la lettura delle loro composizioni?
Qual'estraordinario rigore ha introdotto un severo scindicato de' libri, ove
regna la dissolutezza de' costumi? L'auttorità pratticata altre fiate solo in
censurare la temerità degli Eretici, che con dogmi contrari alla fede
corrompessero la verità, s'abusa ora a termine di proibire li libri, o per
malignità, o per ignoranza. Già si vede rimmessa questa causa, o a' Padri
Giesuiti, li quali appruovano ciò solo ch'esce dalle loro penne, o ad altri men
dotti, ma più invidiosi, che permettono a publica notizia le opere sole che si
conformano a' loro capricci. Abbiamo gli esempi nell'Adone del Marini, e nella
proposta fatta non è molto di vietare la lezzione delle istorie sacre tramutate
con le parafrasi moderne dello stile Italiano, ad onta di soggetto il quale ha
scritto in questa materia. Dunque un giudicio in cui devono aver parte li soli
sentimenti della coscienza sarà corrotto da sensi d'animo poco ben affetto,
colà ove si professa l'integrità di pensieri non meno che d'azzioni Sante?
Altra non posso credere sia la cagione della severità, con cui in questi tempi
si condanna un libro, quasi eretico, o empio nella corruttela de' costumi per
simplici parole, non mai negate alle descrizzioni de' Poeti, o alle scritture
de' profani. Con tale sentenza si puniscono le parole Fato, Deità, Destino,
Paradiso, Beatitudine, e altre simili; quasi che in chi scrive, o in chi legge
vacilli la vera credenza, onde possa scuotersi da questi accenti, quali
rassembra si confrontino co' pareri della pazza Gentilità. A fé che non può
traballare per queste minuzie la fede d'un Christiano, quando stia ferma al
vedere costà conculcati li precetti di Christo, disprezzati li suoi consigli,
esercitata la Simonia, e la Sodomia con qualunque altro vizio peggiore, da chi
dassi a credere più d'ogni altro perfetto. Io per me stimo che ciò proceda
dallo scorgere li libri moderni avvantaggiati di riputazione, onde si
sepeliscono le altre freddure, con le quali in particolare d'ingegno presumono
di trionfare d'ogni altro alcuni fratacci, in libri di Scolastica, o di Prediche.
Scorgono benissimo, come verità palese anche a' più ciechi, qualmente li nuovi
libri di belle lettere portano il vanto sopra le altre materie. Le opere di
Teologia o Filosofia non aggiungono a' loro autori altra gloria che quella può
acquistare il titolo di buoni Asini, abili al portare grande soma, là dove
dalle intere biblioteche di libri traportano le sentenze, le opinioni, gli
argomenti, tutto il contenuto in somma, non altro appunto, che un transunto de'
pareri d'altri scrittori. Ne' discorsi sacri, o nell'adunanza di Concetti
predicabili, non èvvi altro merito, fuori di quello può avanzare la temerità in
falsificare la Bibbia, in mentire l'autorità de' Santi, in corrompere in somma
con sensi stiracchiati, e con rozo stile ciò che più altamente altri ha
pronunziato. Altri in somma, che forse maggiormente presumono in una affettata
erudizione, mostrano di saper poco, mentre danno a vedere d'aver letto molto,
in guisa che compariscono ricchi solo con pompe mendicate; e scorgesi non
essere la loro virtù un fonte nascente, mentre la loro fecondità dipende da
quanto somministrano rivoli maggiori. Se la perfezzione d'uomo dotto in questa
forma sortisse li suoi privilegi, ne seguirebbe biasimo, o niuna lode a' primi,
li quali senza rapire le altrui scritture, senza ingravidarsi delle altrui
sentenze produssero parti sì ingegnosi, che ancora vivono dopo tanti secoli,
che consumati dal tempo hanno pruovata la morte.
Rinuovansi le antiche glorie de' primi letterati da' moderni scrittori,
mentre con la dettatura di stile lor proprio e con vivacità di spiriti
somministrata dall'anima dell'intelletto stesso, che gli tramanda alla penna,
formano le composizioni invidiate per la precedenza, ch'ad ogni altra
sortiscono. Né di ciò può dubitarsi da chiunque sa qualmente tra gli autori
furono detti mai sempre Divini li Poeti, e con titolo d'Entusiasmi, o furori
inspirati dal Cielo si nominano li profluvi de' loro discorsi; non così le più
sottili Questioni, overo li più eruditi ragionamenti. L'esquisitezza dello
stile Toscano, pratticato in questo nostro secolo, altro non è che la Poesia
medesma assolta dalla severa obligazione della Rima, e quindi ha communi gli
atributi, ch'assignandole la porpora, fanno per riflesso di questa arrossire
ogni altra forma di scrivere. Ecco la pietra di scandalo, in cui inciampando
ogni libro de' migliori, pare che cada degnamente per supposti falsi, e per
imaginati pretesti, nelle Censure Ecclesiastiche.
Li sopra intendenti costà a questo negozio, come ignoranti rimmettono la
causa a' Padri Giesuiti, li quali con sopraveste di Teologo danno a credere che
molto studio partorisca un buon cervello. Questi poi, come per ordinario
ambiziosi, e maligni persecutori di chiunque esercita la virtù, condannano con
vera invidia, benché con apparenza di zelo, quelle opere dalle quali veggono
poste in disprezzo le farraggini de' loro scartafacci. Mercé che li più saggi
non sono sì sciocchi, che apprezzino le parole d'un Papagallo maggiormente
degli discorsi d'un uomo; o con erroneo senso si persuadano di giudicar quegli
nel suo cinguettare più perfetto. Con lo stesso paragone io tratto il merito
de' letterati facendo Papagalli coloro ch'altro non dicono, se non ciò che
trassero da' libri, o di che furono imbevuti dagli altrui insegnamenti. Stimo
uomini que' soli che scrivono quanto è loro suggerito dal proprio intelletto,
né tengono bisogno di rivedere gli squarciafogli antichi, a fine di ritruovare
alcuna partita, da cui s'accresca il capitale di poco sapere.
Da questo eccesso di merito, ch'acquistano li libri de' migliori, segue
ancora che li Padri Dominicani, li quali hanno convertita in tirannide
l'autorità posseduta nella Inquisizione, procurano col proibirgli divertirne la
publica notizia. Con poca o niuna mutazione gl'imprimono poi sotto lor nome,
onde con questi tesori malignamente sepolti, arricchiscono di personaggi dotti
la loro Religione. Artificio è questo usato da essi, perché, come nel vivere
mendicanti si mantengono con ciò che accattano, così non men poveri d'ingegno,
e di dottrina, s'avvantaggiano nel credito con ciò solo ch'in tal modo essi
rubbano.
Non altrimente però devono trattarsi le composizioni ch'essendo degne di
singolar lode incontrarebbero particolare pregiudicio, non perseguitate
dagl'invidiosi, e dagl'ignoranti. Crederemmo ghiande le gemme, quando proposte
a' Porci riuscissero loro aggradite. Quel tiranno da cui solo per non avvilire
il prezzo dell'argento, e dell'oro si vietò, anzi si punì l'invenzione
maravigliosa di colui che rappezzava il vetro, e lo faceva trattabile al paragone
di qualunque più pieghevole metallo, insegni quali siano li personaggi, e quali
i fini, onde si proibiscono le opere ripiene di gloria, sì che soprabonda
l'ammirazione.
Io non posso non esaggerare in tal modo, chiamando tiranniche queste
proibizioni, mentre scorgo esserne fatte fondamento bastevole le parole baci,
abbracciamenti, amorose contentezze, e altre simili espressioni di scambievole
affetto. Aspetto d'ora in ora d'udire che venga proibita la lettura della
Bibbia, dove sono frequenti e chiare le parole osculatus est eam, dormivit
cum ea, coivit cum ea, e simili. Non è forse la Sacra Cantica tessuta
d'amorose tenerezze, in guisa che maggiori non possono porsi in bocca d'un
amante a fronte della sua Diva? Per qual causa dunque non si permettono alla descrizzione
d'amori terreni que' veri, e propri termini, che usa lo Spirito Santo in senso
metaforico, per dichiarazione d'amore spirituale?
Deh, che in cotesta Città si pratticano amori, ne' quali non possono
intervenire li baci, e quindi vietano l'imprimere questi su' fogli, come
abborriti da cotesti Grandi, li quali non ne aggradiscono l'impressione su le
labra, nella fronte, o nelle guancie. Dubitano ch'in somigliante lettura si
corrompano gli animi de' giovani, onde non sia loro lecito il fargli corrompere
a lor voglia più indegnamente. Temono ch'in vedere rappresentate le naturali
delizie dell'amore di donna, si rimuovano li giovani dal consentire a
quegl'infami diletti, che soli appruovansi nella prattica. In somma io non so
conoscere con qual fondamento il rigore delle censure perseguiti li termini
amorosi permessi nel matrimonio, né contrari almeno alla natura in altri
congiungimenti, se non per bandirne la rimembranza, e abolirne l'uso. Quindi
pretendono vivi que' soli co' quali si nutre l'infamia de' loro piaceri.
Proibisca Roma gli eccessi, co' quali corrompe non che li costumi la fede; o se
dalla qualità del clima, o dall'abito divenuto natura, è fatto necessario il
comportargli, compatiscano ancora que' libri, ne' quali fa di mestieri il
lusingare il secolo con alcuni tratti vezzosi. Conchiudo in somma che un libro
moderno non può nuocere a persone simplici, come superiore alla loro capacità;
alle persone intelligenti non insegna cosa di male, come posteriore alla
cognizione, che hanno della qualità del mondo per vivacità di spirito, che
precede talvolta la prattica. Se a Vostra Signoria Reverendissima occorresse
talvolta il discorrere familiarmente con alcuno porporato costà, gli manifesti
questo inconveniente, con cui si discredita l'autorità del Pontefice. Fatte
tanto ordinarie le proibizioni, non più s'apprezzano, e per altra parte
aummentandosi il pregio de' libri, quando sono proibiti, invoglia ciascun
autore di mendicare con tal mezo maggior valsente alle sue composizioni. È
almeno disordine grande, in biasimo di chi si scuopre più maligno che zelante,
in questa premura contro li libri, non contro li vizii. Scusi
V.S. questo sfogamento necessitato dalla impertinenza
degl'Inquisitori, li quali non più lasciano che scrivere, o che leggere a'
letterati. Intenderei volentieri con quali pretesti coonestino cotesti Signori
simile tirannide. Se ne otterrò la grazia moltiplicarà l'obligazione, contratta
già per la toleranza con cui avrà V.S. letta la presente, alla
quale però imponendo fine bacio a V.S. le mani.
«Chi scrive — disse il Marchese — ha dimenticato l'uso di proibire li libri,
pratticato anche da' Principi ne' loro stati, quando contiene alcun particolare
non descritto a loro grado».
«Questo — soggiunse il Conte — è costume appreso da' Pontefici, e pratticato
da' Grandi, li quali non vogliono che si dica la verità, quando massime
scuopresi in essa alcun loro mancamento».
«Quindi è — ripigliò il Cavaliere — che più d'ogni altro fanno instanze per
la proibizione di libri aspettanti a gl'interessi presenti li Spagnuoli; come
che le loro azzioni, ripiene maggiormente di crudeltà, e d'ingiustizie, in
qualunque carattere incontrano un rimprovero».
«Eglino — parlò il Barone — sono doppiamente interessati nell'odio di tali
scritture, sì per la ragione ordinaria del vedere scoperte le loro ignominie,
sì per particolare pregiudicio, mentre vedono dichiarate false quelle
relazioni, o quelle scritture, ch'essi publicano con grande apparato di menzogne,
per ingannare gli aderenti, e accalorare il proprio partito».
«È tanto facile — ridisse il Conte — il contradire a ciò che gli Spagnuoli
publicano con affettate bugie, che li più ignoranti ancora in questi tempi
s'ingeriscono in publicare scartafacci in loro scorno, e in far apparire, o la
falsità de' loro assiomi, o la empietà delle loro massime».
«Non concorriamo dunque noi ancora — conchiuse il Marchese — con questi
merloti, li quali dando di becco nelle azzioni de' Spagnuoli credono di far
gran pruove, né s'avveggono d'esser conosciuti quasi Corvi, che si trattengono
sopra Cadaveri fetenti, e abominevoli, ne' quali è morta la riputazione, e la
gloria». In conformità di questo suo sentimento aprì altra lettera, in cui così
era scritto:
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