Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Ferrante Pallavicino
Il corriero svaligiato

IntraText CT - Lettura del testo

  • 3 - IL CORRIERO SVALIGIATO
    • -44-
Precedente - Successivo

Clicca qui per nascondere i link alle concordanze

-44-

 

Molto Illustre Signore.

Non posso non esaggerare con V. Signoria una stravaganza, quale osservo tra le maggiori che si veggono nel mondo, la principale. Questa è l'uso, non so da chi introdotto di pagare le puttane con tanto pregiudicio dell'uomo, e della superiorità del sesso maschile, obligato al pagare ciò che la femina, come soggetta, ha debito di donare a nostro compiaccimento. E a qual fine è fatta la donna, se non per servire a' nostri piaceri, e sottoporcisi, quando nella lotta amorosa vogliamo prenderla alle strette? Dunque l'uomo sopportarà che viva sotto sue sembianze nel mondo un mostro, che rende sprezzabile la umanità, e neglette le sue maggiori pompe nell'operare senza ragione, e senza giudicio? Dovrà tolerare le inscienze di questa schiava, alla formazione di cui dando una costa l'ha annodata con una catena d'obligazione, come comperata col suo? Dovrà pazientare tanta sua sciagura d'avere congiunta, e uniforme, la infelicità animata, la tirannide viva, e l'Inferno compendiato? E poi quando pretenderà trarne que' gusti, per i quali soli è nata, bisognarà isborsarne rigoroso prezzo? Sarà dunque di mestieri all'uomo d'umiliarsi con la servitù, e quasi con le adorazioni, assoggettirsi a moltiplicati stenti, affaticare l'animo nel cimento delle passioni, e travagliare il corpo nelle amorose fatiche; e dopo in vece d'attenderne premio, dovrà egli stesso prepararne il pagamento? Oh Dio, come cieco è il mondo, e come allucinati gl'infelici mortali, che comperano le maggiori sciagure, e li peggiori malanni quali scorrono in contanti nel commercio con le meretrici, dispergendo le sue migliori sostanze, e profondendo di più anche l'oro! Fu questo pure artificio di demone inimico delle contentezze del nostro sesso, mentre essendo forse le più apprezzabili quelle di lassivo godimento, volle amareggiarle col pensiero dell'isborso di ciò ch'a noi è più necessario, o grato. A ragione potrebbero gli uomini invidiare lo stato de' bruti, e desiderare l'autorità, con cui soprasede il maschio alla femina nella propria specie, mentre ovunque la scorge stimolato dall'appetito, monta, cavalca, gode, né senza altro riscontro s'obliga al dar la paga de' suoi gusti. Un povero amante dovrà dunque essere peggio trattato d'un cane, e quando non abbia denari, sarà privo di que' piaceri che non si negano ad una bestia? Maledetto instituto, conforme il quale a suono di preziosi metalli si regola l'amorosa danza, posta la gabella sopra quelle dolcezze, che sì abbondantemente dona la natura. E quali angustie non soffre chi ama, e desidera, né può sodisfare le sue brame per l'avarizia della sua Diva, la quale ha per esercizio lo scorticare? Se anche giunge a godere, non è egli molestato dal debito che allora contrae, onde, riflettendo sopra la necessità di pagare, perde ogni gusto? È forse che insaziabili, e indiscrete, le cortigiane de' nostri tempi non hanno collocato in alto prezzo la loro mercanzia? Forse che li momenti di fugaci diletti non devono contrapesarsi con molto dispendio di ciò ch'in longo corso di tempo s'acquista? Forse che non bisogna avere ferrate le borse, per resistere a' colpi, ed esser saldi alle oppugnazioni delle femine avare? Benedetto sia quel tale decreto de' Sacri Canoni, il quale prefigge per paga d'una meretrice quanto può bastare al suo vitto d'un giorno. Prescrisse saggiamente un limite alla loro indiscrezzione, nel modo stesso che alla ingorda avarizia de' Preti, e de' Frati, nel pretendere lo stipendio delle Messe. Volesse il Cielo che fosse osservato, di modo che quelle lupe voraci non esigessero sempre tesori per una cosa alfine vilissima, e abominevole, e per diletto imaginato, più che gustato. O almeno, come nelle ben regolate Cittadi quanto si vende ha la metà del prezzo, così l'avesse anche la carne delle puttane, ch'essendo la peggiore di quella d'ogni altro animale, m'assicuro che poco ne sarebbe il valsente. Il licenziare altrimente la loro indiscretezza, è un accumulare meretrici, poiché ciascuna donna avara, se non disonesta, muoverassi per interesse al pratticareinfame mestiere. Adescate dal guadagno, verranno tutte le femine a gala nel mare delle lassivie; e se continua l'uso d'arricchirle con tale eccesso non v'ha dubbio che rimarranno spopolate le Cittadi di Matrone pudiche. Vivono quelle dissolute con ogni maggiore lusso, e negli addobbi, e ne' vestimenti, e nella mensa, in guisa che fatto prezioso, il vizio avvalorarà le sue violenze per rapire la inclinazione d'ogni femina, proclive pur troppo al seguirlo. Influisca il Cielo rimedi convennevoli ad un tanto disordine, per beneficio della umanità, e per sollievo de' poveri amanti. Conceda a Vostra Signoria ogni bene, come gliel'auguro di cuore; e per finire, etc.

 

«Non sadisse il Cavaliere — questo sciocco che scrive, qualmente l'uomo non avendo il freno del pagamento correrebbe con tanta immoderatezza alla sazietà de' suoi appetiti, che consumarebbe la vita, mentre a crepa panza, come suol dirsi, vorrebbe satollarsi di ciò di cui non isborsasse prezzo».

«Dite puresoggiunse il Marchese — che mancarebbero le rendite a' Principi, li quali vogliono tributo anche da' guadagni delle meretrici».

«Oh — disse il Conte —, non èvvi tra' Principi chi ciò faccia, altri che il Gran Duca di Fiorenza, il quale con la sottigliezza infusa dal clima ha chimerizata questa forma d'avanzo».

«Anzi credo che a beneficio de' bardassiripigliò il Baroneimpongansi colà questa contribuzione, essendo ordinario di far pagare rigoroso dacio a chi entra in pregiudicio d'alcuna arte principale».

«Non è mal pensiero il vostro — replicò il Cavaliere — poiché da questo aggravio scemato il numero delle cortigiane, resta più libero il traffico a' negozianti in tondo; né conviene di danneggiare una professione universale, in cui ciascuno di quella Città indistintamente è interessato».

«Sète voi forse ancora, o Cavaliereparlò il Conte —, uno di questi mercatanti, che tengono le balle in magazeno, e non in bottega? Ciò giovami di credere, mentre sostenetepuntualmente le ragioni di questa mercanzia».

«Ricordomirisposegli l'altro — d'aver negoziato alcune volte con voi alle strette». Sorrisero tutti, e per non dar luogo ad altra replica subito così ei lesse:

 




Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2008. Content in this page is licensed under a Creative Commons License