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Molto Illustre Signora mia.
È tanto copiosa la informazione che nella ultima vostra mi date della
libertà con cui si trafficano li vizi costà in Roma, che sonmi invogliata di
trasferirvi la mia abitazione. Intendo principalmente quali vantaggi abbia la
libidine sotto l'abito de' porporati, onorata anzi della protezzione d'un
nipote di S. Santità. Ho ritrattato il sinistro concetto imbevuto in me da'
detti di quelli ch'esaggeravano l'uso delle più nefande immondezze, onde a
paragone de' giovanotti erano in opprobrio le donne. Conforme da voi mi viene
accennato, conosco la falsità di questa calunnia, e scorgo che di buon cuore
dassi ricetto costà a tutte le dissolutezze. Anche le femine hanno il loro
dispaccio; e a dir il vero appresso chi ha cervello una figura doppia fa più
bel gioco nelle mani, ed è un grande vantaggio il poter falsificare la carta,
già che rassembra appresso gli uomini singolarmente desiderabile il dilettarsi
d'inganni e d'apparenze. Qual maggior gusto èvvi, per chi ancora gode del
brutto peccato, che il poter fare un cambietto di mano, e quando s'ha una donna
tra le braccia cangiarla in maschio, secondo che più aggrada? Lodata sia
Venezia, dove la delicatezza dell'appetito con minore scandalo prattica questa
forma di sodisfazzione. Così non si proibiscono alle donne li loro vantaggi, né
a gli uomini li loro piaceri. In somma singolarmente mi piace l'intendere che
costà abbiano campo tutte le disonestadi, là onde io risolvo di venir a godere
cotesta aura nella mia vecchiezza. Spero di poter esercitare con molto avanzo
il Ruffianesmo, perché dove il clima dispone alle lassivie, riesce meno
faticosa la nostra professione. Mi prommetto d'impetrare subito la grazia di
tutti li Cardinali, poiché otterrò per essi quanto sapranno desiderare. Spero
d'aggiungere al ruolo delle meretrici tutte quelle poche dalle quali si riserva
la onestà, ed eleggerei la morte, quando non presumessi ragionevolmente di far
cadere le più pudiche matrone. Procuratemi alcun buon posto, ch'io non
tralasciarò di servire a voi ancora con tutto lo spirito, in conformità di che
mi vi offro, e di cuore vi bacio le mani.
«È mal capitata costei — disse il Conte —, mentre fonda li disegni del suo
Ruffianesmo in Roma, ove il traffico delle dissolutezze non ha bisogno d'alcuno
sensale, o mezano».
«Servirà — soggiunse il Marchese —, se non a' grandi di colà, a' poveri
Frati, e Preti, la plebe de' quali tiranneggiata da' dominanti, è impedita dal
prendersi li suoi gusti».
«Quindi è — ripigliò il Barone — che da costoro s'esercitano li più
abominevoli piaceri, per trattargli secretamente, e maneggiargli a lor posta».
«Colà — conchiuse il Cavaliere — sono così communi con la libidine tutti li
vizi, che ciascuno è buon negoziante, e alla scoperta sa procurare li suoi
vantaggi». Mentre ciò diceva passò alle mani del Conte una lettera con annesso
picciolo invoglio. Così era scritto:
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