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Ferrante Pallavicino
Il corriero svaligiato

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  • 3 - IL CORRIERO SVALIGIATO
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3 - IL CORRIERO SVALIGIATO

 

Dubitò, sono alcuni mesi, un Prencipe d'Italia, che si negoziassero trattati a' suoi danni da' ministri di Spagna, avvezzi mai sempre al machinare sconvolgimenti nella felicità dell'altrui quiete. Volle però che fossero intercette le Lettere del Governatore di Milano, dirette a Roma, e a Napoli; sperando di poter con esse disingannare i propri sospetti, o porgli maggiormente in chiaro con la notizia che desiderava.

Questa fu la cagione dello svaligio del Corriero di Milano ch'allora seguì, ancorché in altra guisa siasi divisato, attribuendone la colpa a' malandrini, overo all'istesso Procaccio; come che di rado fallisce l'indovinio di furberie, in chi esercita questa professione. Poteva nondimeno ciascuno agevolmente figurarsi interessi d'alcun Grande, mentre nelle gemme, denari, e altra cosa di pregio, non fu compito il delitto. Era evidente la conseguenza, che solo principi erano complici in questo, onde bastava quanto era concernente alla loro intenzione, per l'interesse di dominare. Eglino in ogetti di valsente non rubbano che molto, facendosi ladri di Cittadi, e di Regni, con pensiero che la grandezza del furto sia un manto alla colpa del patrocinio.

Furono presentati a S.A. gli dispacci delle lettere, dalle quali trasse quelle sole che dal suddetto Governatore erano indrizzate al Vice Re di Napoli, e all'Ambasciatore di Spagna Residente in Roma.

Consegnò le altre a' Cavalieri della Camera, i quali disegnaronvi sopra un delizioso trattenimento.

Erano quattro gli principali, cioè a dire il Marchese di Salsas, il Baron di Moinpier, il Conte di Spineda, e il Cavalier Sinibaldi. Con vivacità propria di Cortegiano, pronta al cercare occasioni di mormorare, concertarono d'aprire le lettere, e sodisfare alla curiosità d'intendere gli fatti altrui, propria di chi vive in un ozio sonnacchioso all'ombra de' Grandi. Questa io rassomiglio a quella della noce; e come stimo proporzionato il paragone in una ampia estensione di grandezze, così lo conferma ragionevole la proprietà d'imbevere maligni umori, in chi sotto di lei riposa.

Principiarono il già stabilito gioco, e per prima carta n'ebbe il Cavaliere una alle mani, in cui così era scritto:

 




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