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Reverendissimo Signore.
Con molta mia sodisfazzione le ultime di V.S.
Reverendissima m'avvisano degl'interessi di costà, in materia di quelli
ch'aspirano al Pontificato, e di quelli che attendono la promozione de' Cardinali.
In ambedue li particolari una prolongata aspettazione terminarà nella morte di
molti. Il vento dell'ambizione, trattenuto lungamente in costoro, fa di
mestieri che per sventare la loro gonfiezza, gli faccia crepare. Questo Pontefice
schernisce chi su'l suo morire fabrica la speranza delle proprie grandezze.
Su'l feretro, che ha portati molti di questi alla tomba, ha veduto condursi
trionfante la sua gloria, ch'invidiata, nuoce solo a chi non sa compatirla.
Parmi bene, che con poca carità egli permetta che tanti col capo scoperto
stiano attendendo il Capello, con pericolo che si raffreddino; e già si
vede, che ciò in alcuni ha cagionata una tosse tanto rabbiosa, e una replezione
di catarri, che fa sputar salso, e amaro. Mi rispose uno l'altro giorno in
simile proposito, che il Papa aspettava che fossero vacanti i luoghi di
quel Sacro Collegio fino al numero di ventiquattro, per poter vantarsi
d'aver fatti Cardinali a dozina; quasi che quelli i quali già sospirano questa
promozione, siano personaggi da mandar a dozina. Io ripresi il motteggiare di
costui, dicendo che più tosto desiderava quel numero per mostrarsi quasi
maggiore di Christo, il quale fece dodeci Apostoli soli, ed egli brama
raddoppiarne la quantità, tali essendo per appunto questi cardini e
sostentamenti della Chiesa. «Non in grazia! — replicò l'amico —: perché
se in questa conformità dovrà moltiplicarsi ad ogni dodeci un Giuda, s'adunarà
un Concistoro di ribaldi, e traditori». Lasciamo le burle. Con grande
politica il Sommo Pontefice differisce all'ultimo della sua vita il
riempire que' Sacri luoghi, per constituire in sua vece copia d'aderenti, e
seguaci, a' nipoti. È molto bene fondato pensiero, mentre l'aversi egli
acquistato l'odio di tutti gli Principi, gli lasciarà necessitosi d'appoggio,
allor quando manchi il sostegno della sua autorità e grandezza. La copia degli
denari accumulati a loro pro, non acqueta il timore di forse troppo
istravagante rivolta delle loro fortune, perché esempi non molto lontani danno
a vedere che i tesori di Christo non giovano che allor quando si
dispergono nelle Indulgenze e ne' Sacramenti.
V.S. Reverendissima m'intende. Non ho mai potuto aggiustare
il credito a ciò che si disse ed ella pure m'accenna essere voce di publica
fama, nel particolare dello Stato d'Urbino. Sarebbe stato colpo di gran
conseguenza, ed egli solo avrebbe potuto gloriarsi d'avere stabilite per gli
Nipoti quelle grandezze le quali non possono fermarsi, come incorporate nel
sangue di Christo; il quale, con un corso quasi dissi precipitoso,
s'incamina sempre al publico giovamento. Non giudico che la prudenza d'uomo sì
saggio erri in figurarsi un corpo reale nell'ombra dell'impossibile. Credo ben
sì, che come perfetto politico, permetta a publica notizia quegl'interessi
soli, ne' quali meno colpiscono i suoi disegni. Io per me non oso di
chimerizare tutti gli suoi capricci: conchiudendo, ch'egli lascia il tutto in
enigma, come Christo compiva tutti gli discorsi in parabole. Non
aggiungerò altro, per non abusarmi della gentilezza di V.S.
Reverendissima alla quale m'offro svisceratissimo servitore; con assicurarla
che tale mi truovaranno mai sempre i di lei commandi, quale mi dichiarano
queste offerte; con che etc.
«Riserbo appresso di me questa lettera — disse il Conte — per consegnarla
alle fiamme».
«Ciò dite forse — soggiunse il Marchese — perché sparla de' Cardinali,
e del Pontefice? Ben si vede che, poco esperto negli studii della
Metafisica, non avete cognizione degli astratti, coi quali può condannarsi
l'imperfezzione di Ministro Sacro, senza offendere l'autorità e il
grado, che devono mai sempre inchinarsi. D'Iddio solo, come infinitamente
buono, non possono farsi astratti d'imperfezzione».
«Oh come facilmente — ripigliò il Barone — rappresentandocisi questi Porporati,
abbiamo colpito nelle sottigliezze!».
Interruppe i loro motti il Cavaliere con la proposta d'un'altra lettera in
cui così era scritto:
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