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Molto Magnanimo Signore.
Mando a V.S. braccia venticinque di questo nostro panno
alto, come ella ricercò nell'ultima sua, per farsi un mantello. Credo però che
abbia errato nello scrivere, perché tale quantità bastarebbe al vestire due
Giganti. Comunque ciò sia, a me poco importa; come che ho preteso semplicemente
d'ubbidire a' suoi commandi, a' quali m'offro prontissimo in occasione di
maggiore rilievo; e con ciò facendo fine, etc.
«Fa di mestieri — disse il Cavaliere — che costui sia molto codardo, avendo
necessità di comperarsi un mantello in Napoli, dove è il costume di
provedersene senza spesa».
«Non è tanto il numero de' forastieri in quella Città — soggiunse il Conte —
che possa supplire al bisogno di tutti; e altrimente ben sapete che non può
rubbarsi in casa di ladri».
«Stupisco — ripigliò il Marchese — di quantità tale di panno, con cui si
farebbe un padiglione alla torre di Babilonia, non che un mantello per un
uomo».
«Vivono alla Spagnuola — rispose il Barone — in que' paesi, che però non
usano quelle insegne di saltamartini alla Francese, ma estendono più a longo i
loro pallii, per aggiunta di grave decoro ampliando le filaterie, come usavano
li Farisei».
«Dirò più tosto — ripigliò il Conte — che avvezzi al sostenere su le spalle
molte gravezze, vogliono un ferraiuolo di peso, accioché senza loro
avvertimento, con la destrezza solita, non sia fatto ad essi un leva mano».
«Replicarò — aggiunse il Cavaliere — ciò che disse il Boccalini in
somigliante proposito: volervi longhi mantelli, per cuoprire gambe di ladri, e
di furbi».
«Dovrà forse servire — ripigliò subito il Marchese — ad alcun Prete, o
Prelato che vestendo alla longa ricuopre fin i calcagni».
«Credo — disse il Barone — che tanto panno sia per un Medico, il quale forse
deve farsene un mantello, che insieme serva di valdrappa, quando cavalca».
«Sono del vostro parere — soggiunse il Marchese — stando che hanno i Medici
bisogno di longhissimi mantelli, per cuoprire i propri difetti, che avanzano
loro fin sotto i piedi».
«Quando s'abbia riguardo a questa necessità — ridisse il Cavaliere —, io
stimarò che sia inviato per alcun Grande».
«Pensate voi — replicò il Conte —, non bastano cinquanta braccia di panno
per ammantare le tirannidi, le ingiustizie, e tutti gli altri vizii de'
Grandi!».
«Aggiungete pure — disse il Barone — che vogliono mantelli i quali giungano
loro fin sopra il capo, per sepelirsi dentro a quelli, onde siano ciechi al
veder il merito de' virtuosi, le sceleratezze de' favoriti, a fine di poter
opprimere senza discrezione, e onorare chi meno merita, senza termine».
«Vogliono in oltre — disse il Cavaliere — che s'estendano loro fin sotto i
piedi, per cuoprire quella crudeltà, ch'ingiustamente talora conculca, o perché
col manto, il quale vela i loro mancamenti, accrescono fomento alle altrui
ruine, o perché finalmente con pessimi costumi calpestano quelle insegne di
grandezza, le quali sono caratteri di Divinità».
«E dove lasciate — replicò il Conte — lo strascino d'una longa coda
inventata per Maestà, ma permessa cred'io alla loro superbia, a fine che
l'aggiunto di questa gli auttentichi bestie, quali sono dichiarati dalle
operazioni».
«Già che sono tali — conchiuse il Marchese — lasciamogli in grazia a parte, perché
non sortiremo fortuna che di calcii, o di morsi».
In conformità di ciò fu aperta altra lettera, i cui sentimenti non furono
diversi da' seguenti caratteri; così diceva:
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