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Carissima Signora.
La confidenza con cui, o amica, m'avete ragguagliata de' vostri amori verso
quel tal Cavaliere che m'accennate, mi porge motivo di vicendevole cambio, per
confidare in voi, onde siami libero il riprendere questi vostri affetti. Oh
Dio, quali tratti di compassione hanno accompagnata la certezza di questa
vostra sciagura! Gli sforzi dell'amicizia mi rapivano, quasi all'augurarvi ogni
altra condizione, benché miserabile, per sottrarvi a quella d'amante. Donna
invaghita d'un uomo è volontaria prigioniera in un Inferno, dove la tirannide
de' tormenti lacera con scempio tanto più spietato, quanto più molle, e
dilicato è un cuore di femina. Li vostri vezzi non giovano per piegare
un'alterezza indurata da indiscreto orgoglio. Le nostre lusinghe sono
disprezzate da cuori impietriti, impassibili per le impressioni d'amorosa passione.
Con un'anima in somma di ferro, corrispondono crudelmente ritrosi a' nostri
amori. E avete admessi gl'inganni d'una vaga apparenza, d'un assiduo corteggio,
d'un affettuoso riscontro, ch'egli finge? Semplice credito con cui pieghiamo
l'intelletto, come pure da una tenerezza inserta in noi sono fatti pieghevoli i
nostri voleri. Infelice colei ch'ad un umile saluto assoggettisce l'animo, ad
una bocca, la quale sorrida, apre il cuore, ad uno sguardo, che rappresenta
simulata adorazione, permette auttorità d'obligare alle grazie. Misere noi,
nelle quali s'amano le sole delizie ch'in noi depositò la natura, accioché non
fossimo più indiscretamente vilipese da questi ingrati. Ci vagheggiano, ci
servono, c'idolatrano, ma nel momento in cui terminano diletti fugaci finiscono
le pompe d'affetto, e hanno meta le speranze di gioire, allor quando
principiano i godimenti. Dovrà dunque soggiacer una donna ad amorosi stenti,
sviscerarsi per incontrare il genio d'un uomo, concedergli l'impero d'una beltà
celeste, permettergli pur anche il dominio di se medesma, se nel punto di
stringer il nodo delle contentezze viene disciolto, e precipitano i piaceri,
quando dovrebbero giudicarsi assodati dagli abbracciamenti?
Se come amante s'accoglie l'uomo, s'abbraccia un tiranno; se si riceve come
marito, si fa indivisibile un carnefice. Gli errori, co' quali non si ricusa
dar adito alla sodisfazzione de' loro appetiti, hanno una tromba, che suonando
la ritirata alla nostra riputazione, serve solo al publicare le nostre
ignominie. S'ascrivono a gloria, questi empi, l'aver trionfato di noi con le
loro finzioni. Con publici vanti si pavoneggiano d'aver piantati ne' nostri
campi li loro stendardi, rapite a noi le insegne d'onore. Non potendo andar
pomposi con questi pregi, s'acclamano felici alle occasioni di mortificare la
Maestà del nostro merito, caratterizato con note particolari di Divinità,
nominata da essi superba alterezza. Stimano di registrare un fatto degno delle
memorie della eternità, allor quando col mancare della prommessa fede, ci
tradiscono o, spogliati totalmente d'umanità, ci maltrattano più de' bruti.
Appellano l'inconstanza virtù, nominano con titolo di prudenza la mutazione
degli affetti, predicano risoluzione di gran giudicio l'esercitare contra di
noi ogni scherno, e dispreggio. Si vanta, come uomo di molto senno, chi con
rigoroso commando sa tiranneggiarci, e predicasi di grand'onore quando per
unico fallo, e talor anche solo imaginato, risolve d'ucciderci.
E saravvi dama così sciocca, la quale consegni se medesma all'indiscretezza
dell'uomo che, nella perversità di tali dogmi, dà pur troppo a vedere quanto
siano corrotti li suoi sentimenti? E voi, o amica, struggerete il vostro cuore,
per farne sacrificio ad un uomo il quale simularà di riamarvi fin che giunga al
godervi? Disingannatevi, o cara, e riflettendo sopra que' titoli, co' quali
sogliono questi empi maltrattare la dignità del nostro sesso, considerate che
sono un riassunto d'attributi, li quali descrivano puntualmente li loro
costumi. Pensate però se vi convenga l'accarezzare una Tigre, il rimirare un
Basilisco, e l'amare un'Arpia. Molto più spietate le loro frodi pregiudicano
alla nostra riputazione, e alla vita, là dove le finzioni di taluna di noi non
danneggiano finalmente che in leggieri patimenti, de' quali pur troppo
facilmente si sgravano. Deponete quel cuore amoroso, avvertendo con la regola
di queste considerazioni, qualmente a noi fa di mestieri esser di pietra, per
non arrenderci a' morsi troppo dolorosi di queste fiere. Prendete scampo da'
lacci col volo della libertà, avendo riguardo alla condizione di queste reti,
nelle quali fatte preda, abbiamo il consorzio di tutte le sciagure. Bastino
queste persuasioni, o amica, per suscitare que' pensieri da' quali vi si
rappresentaranno i costumi degli uomini, pronti al corteggio, osequiosi nel
riverirci, affettuosi nel vezzeggiarci, ma però altretanto empi nel tradirci.
Stimarci singolar fortuna, se con questa lettera secondando io la vostra mente
di somiglianti concetti, pullulasse in voi risoluzione di non amare,
profittevole per isfuggire que' tormenti, che succederanno alla continuazione
di questi amori. Concedavi il Cielo tale felicità, e a me grazia di poter
cooperare alle vostre contentezze; che con ciò facendo fine vi bacio di cuore
le mani.
«Volesse il Cielo — disse il Conte — che si compissero i desideri di costei,
onde non si ritruovasse donna amante, ch'in tal modo mancarebbe alla umanità
una occasione de' maggiori precipizii, li quali danneggino le nostre glorie».
«Non applaudo — rispose il Cavaliere — a tale vostra volontà, stando che si
privarebbe l'uomo d'un sommo contento, che si gode nel far languire una Dama la
quale ami».
Il Marchese, come innamorato, non aggradiva somiglianti discorsi, là onde
gl'interruppe coll'aprire un'altra lettera, in cui così era scritto:
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