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Illustrissimo Signore.
Fui a' giorni passati in Venezia, dove la curiosità di molte delizie mi
trattenne. Non riferirò li particolari di Città esaltata con publici vanti, e
acclamata con titoli singolari in ogni parte. La copia de' godimenti allaccia
ogni cuore, sì che fa di mestieri slegare le borse, per lasciare sborro alla
strettezza di questi lacci. Io ero nuovo nella cognizione di questi diletti, ma
invecchiai ben tantosto, aderente all'esperienza di chi in pochi giorni abilita
ad una fondata prattica. E questo pure è punto di gran felicità, mentre senza
longhi stenti si principiano, e compiscono gli amori nello stesso tempo, non
amareggiati da' patimenti della servitù. La frequenza delle cortigiane concede
il trattare le donne, secondo il loro merito, quasi bestie, eleggendosi tra
molte quella che più piace. Non è contentezza di poca stima il poter ritruovare
d'improviso, a sùbita crescente dell'appetito, un argine di suo gusto. Il
prezzo ha le sue mete, condizione che facilita maggiormente il portare avanti
la chiave del negozio. Sonvi merci d'ogni valsente, e ciascuno a suo piacere
può aggiustare la spesa, allora solamente maggiore, quando si ricercano drappi
li quali non abbiano ne dritto, né rovescio, per potergli usare
indifferentemente in ogni parte. La grazia, i vezzi, i trattenimenti, che si
pratticano da quelle, non hanno imitazione in altro luogo. Possedono la vera
arte per fabricare le dolcezze amorose, avendo tutte le regole de' moti, sì
retti, come obliqui, che possono far credere i loro amanti in un Cielo, dove
pure dal moto si constituisce l'armonia dilettevole di quelle sfere. Non
lasciano oziosa parte alcuna del proprio corpo, affaticando egualmente tutte le
membra principali per moltiplicar piaceri. Questi mai non s'incontrano con un
pelo di barba, esercitandosi con molto studio la cura di levare ogni ruvidezza,
da cui possa offendersi la delicatezza d'un tanto gusto. È ammirabile la loro
sollecitudine in purgare le strade, in guisa che da frequente concorso non
vengono corrose, né allordate. In somma, chi ama diletti pensi
all'avvantaggiare li desideri, ove può traportargli prurito lascivo, non
prendendosi briga delle sodisfazzioni, le quali superano quanto può appetirsi.
Devono ben sì avvertirsi per altra parte le frodi, i tradimenti, i morbi,
ch'in maggiore abbondanza fecondano di malanni chi s'imbarazza con esse. A
paragone delle loro finzioni, è sincero l'inganno, e sana la peste, in riguardo
alle ghiandusse, delle quali formano regali a chi le gode. Hanno per costume il
dipingersi. Tanto basti l'accennare, onde si conosca quanto siano finte, mentre
si tramutano volontariamente in pitture. S'avverta pur anche qualmente, come
sepolcri piene d'insegne di morte, s'imbiancano, e s'abbelliscono al di fuori
per apparire quasi Mausolei; in guisa che l'esterno sembiante tradisca nel
proibire il terrore di ciò ch'a dentro inorridisce.
Certo più d'ogn'altro particolare è il privilegio che vantano d'esquisite invenzioni,
per moltiplicare gli acquisti. L'ingorda loro avarizia non ha voracità che la
pareggi, e spolpano con tale leggiadria, che gli sciocchi, i quali rimangono
con l'osso solo, danno loro di buona volontà anche la midolla. Hanno la vera
pietra di paragone, per riconoscere a primo tocco i corrivi, e i balordi; né
perdono punto d'occasione per porre in gabbia merlotti, li quali sono fatti
trastullo di qualche altro, il quale sguazza a lor costo. Sviscerano le casse,
depredano le mura, nascondono gli ori, sepeliscono gli ornamenti, per
introdurre l'anima d'una finta povertà, che commuova spiriti di compassione.
Questo usano o le più belle o le più bizarre, le quali conoscendosi auttorevoli
per legare un uomo, stimano di poter fare buona presa, quando già l'avranno
nelle reti. Altre, con opposto stile spopolano il ghetto degli Ebrei, per
vestirsi, e addobbare le case con pompe di semplice imprestito, il quale rende
usura di miserie maggiori. In tal modo accreditano la scarsezza de' talenti,
che sogliono dar pregio ad una donna, sperando d'esiggere con ciò maggior
prezzo, avvantaggiate di riputazione. Non mancano d'usare la liberalità per
traffico di guadagno, gettando un amo d'oro a fine di far preda maggiore,
ancorché taluna rimanga defraudata, in conformità di quel villano che lasciò
cadere nell'acqua la zappa, per riaverla fatta più preziosa. Concedasi però
tributo di lode a chi lo merita, non potendo negarsi un eccesso di maniere
graziose, d'un trattar gentile, d'una nobile conversazione, in chi mantiene principal
posto nell'arte. Hanno condizioni desiderabili in dama di maggior pregio, che
possa esser amata da' più Grandi. Il loro sussiego è maestoso, ma non superbo,
o interessato; la gentilezza rapisce, e obliga al donare, ancorché elleno
talvolta non abbiano intenzione di ricevere. Amore finalmente deve dirsi nato
in Venezia, fatto assai forte per la moltitudine di bellissime Veneri, che lo
nodriscono. Io per mia parte non so conoscere dove meglio possa un uomo fondare
il suo scettro, per prendere possesso di soavi contentezze. Può estendersi il
dominio delle amorose gioie, posciaché ampio è colà il vassallaggio d'amore; là
dove in molte, se non in una, successivamente si gusta il cumulo delle
qualitadi, che possono arreccare a' nostri appetiti occasione di trionfo. Scusi
V.S. la veemenza dell'affetto, da cui forse troppo
longamente ho permesso che sia traportata la penna. Potrà servirle questo
ragguaglio, per certificarla d'ogni gusto, quando risolvesse inviarsi a quel
delizioso Paradiso, dove li dardi d'amore escavano nido alle dolcezze, non
aprono seno a' tormenti. La mano piena d'oro è rimedio ad ogni piaga che
possano formar nel cuore quelle Celesti bellezze. Se con altri avvertimenti
potrò indrizzarla a' piaceri, come avido d'ogni sua felicità non mancarò dal
mio debito, conforme il quale attenderò opportunità di servirla; e quivi per
fine affettuosamente le baccio le mani.
«Non ha pratticato chi scrive — disse il Cavaliere — le delizie di Roma, che
altrimente ritrattarebbe questi encomi, co' quali esalta di soverchio li
godimenti di Venezia».
«La simplicità di costui — soggiunse il Marchese — non deve admettere nel
ruolo de' gusti gl'indegni piaceri che s'usano colà».
«A fè — ripigliò il Conte — ch'in ambe le Cittadi si gioca su la stessa
carta, ancorché sia più onorevole in Roma il gioco, per la qualità de'
personaggi di stima ch'ivi l'esercitano».
«Questa è materia troppo trita — disse il Barone —, e ha relazione col
commune proverbio di maggiormente ammorbare con la puzza, quanto più si tratta
col discorso». Per offerire però altra novità, principiò la lettura di nuova
lettera, che così diceva:
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