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Ferrante Pallavicino Il corriero svaligiato IntraText CT - Lettura del testo |
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Illustrissimo Signor Conte. Mi rincresce vedere V.S. Illustrissima applicata allo scrivere le istorie de' nostri tempi per cagione dell'antica amicizia, che le professo. Si scorge consumato il suo buon talento, con troppo discapito non solo appresso li letterati, mai non fermi nel circonscrivere la qualità dello stile isterico, ma principalmente appresso li curiosi, li quali si scorgono defraudati della notizia della verità. Viviamo in secoli troppo pervertiti dalla perversità de' dominanti, onde fa di mestieri che gl'isterici ancora siano adulatori. Altrimente, chi vuole discernere il vero, primo elemento delle istorie, fa di mestieri scuoprire le piaghe de' Principi con soverchio pericolo di restar infetti per la loro maligna corruzzione. E che altro può scriversi, che la ingiustizia de' consigli, e la imprudenza nelle esecuzioni? Èvvi forse ravvolgimento in Europa a' cui raggiri non segua la iniquità, e la tirannide de' Potentati? La ingorda rapacità degli Spagnuoli, non mai paga di ciò che possede, è pure l'unico motivo di questi tumulti, ne' quali sopravenuti da inaspettate procelle, sollevate però dal vento indiscreto della loro ambizione in Catalogna, e in Portogallo, piangono ora il naufragio imminente della loro grandezza. La ingiustizia dell'Imperatore, feconda di ruine alla misera Mantoa, è pure la sola cagione della rivoluzione dell'Imperio, fomentata dal voler egli admettere a parte de' suoi interessi gli Spagnuoli, che porrebbero in bisbiglio anche il Paradiso. Quindi la morte di Fridland, la perdita d'un tanto esercito in Italia, hanno partorito l'esterminio della sua Maestà, che ora riluce quasi face che stia di ponto in ponto per estinguersi, se non per altra ragione politica, per castigo del Cielo, il quale ha voluto che contrapesino nel suo dominio le sciagure prodotte da lui nella povera Italia. La inquietudine del Re di Francia, dato in preda all'arroganza di Ricleu, dissemina in ogni luogo dissensioni; e impegnandosi più di quello ei sia, appare meno di quello che è, facendo ridere il mondo con le sue machine aeree, ma facendo piangere pur troppo chi è caduto per affidarsi a' suoi vani appoggi, o chi travaglia di continuo per avvolgersi nella volubilità de' suoi capricci. Il Papa, che attende solo ad arricchire li Nipoti, al compendiare in loro le rendite de' Cardinalati vacanti e mostrasi Pontefice solo in riforma di Breviario, o in moderare le feste, non impedisce tra tanto, o forse promuove, queste turbolenze. Li principi di Savoia scioccamente trattando li propri interessi, non s'avvedono di servire per gioco a' Spagnuoli, che suonano conforme il lor genio, per fargli ballare, sin che la danza vada a lor modo. Vedranno dopo d'aver sviscerato lo stato per nutrire la ingordigia di questi finti amici, che servono solo al particolare interesse. E come ardirà V.S. descrivere questi affari, che altrimente non possono delinearsi, quando nel quadro della istoria non si neghino li colori della verità? Lascio altri Principi di minor riguardo, o dotati forse di maggiore prudenza, ingiustamente però arruolati dove non si veggono che communi biasimi, o non può che ammirarsi lo sforzo di possanza superiore. Se ne' gabinetti de' Principi sono empi li Consiglieri, non meno perfidi e sciocchi sono gli esecutori di somiglianti consegli. Tra' capi di Guerra li disordini, le sciocchezze sono fertili de' loro vituperi, in guisa che l'onore delle vittorie non può che simplicemente attribuirsi alla fortuna. E come possono scriversi li loro falli, se chi di presenza invia le relazioni, essendo appassionato, gli cela? Così va in somma, mentre non può che da informazioni dipendere l'isterico, non può assicurarsi di verità, se si fonda in congietture, non può che dir male. Chi sa quanto s'offendano li Principi da chi palesa le loro ignominie, non s'arrischiarà sì arditamente. Chi pur anche conosce quanto sia necessaria la verità all'isterico, negarà d'intraprendere la formazione d'un parto per cui non può ritruovare la propria sua sostanza. Tutto ciò sia detto conforme il mio sentimento, rimmettendomi per altro al giudicio di V.S. Illustrissima alla quale per fine m'offro di tutto cuore; e le bacio le mani.
«È superflua la esaggerazione di costui — disse il Marchese —, poiché chi scrive istorie in questi tempi pone in non cale la verità, e quindi rimangono preservati li Principi». «Basta — soggiunse il Conte — a gl'isterici moderni di sodisfare alla vana curiosità di chi legge, e niente più curano le regole del mestiere che professano». «Mercé — ripigliò il Cavaliere — che s'esercita in queste composizioni chi appena sa leggere, là dove non operasi altro che ammassare riporti, o avvisi mendicati da diversi luoghi». «È tanto familiare — conchiuse il Barone — anche a' più abietti, e ignoranti, l'ingerirsi in trattati di Principi, e in negozii di stato, che meritamente l'ufficio dello scrivere istorie è capitato in persone le quali vituperano sì degno esercizio». «Dirò più tosto — ripigliò il Marchese — che gli atti de' nostri Principi non meritano di passare per altre mani, né d'essere sollevati da altre penne». Ciò dicendo aprì nuova lettera, il cui contenuto era il seguente:
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