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Ferrante Pallavicino Il corriero svaligiato IntraText CT - Lettura del testo |
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2 - A CHI LEGGE
Non vi maravigliate, o Lettori, se giunge questo Corriero da parte onde meno era aspettato. È proprio de' Corrieri il far i viaggi improvisi contro ogni pensiero, poiché fa di mestieri regolarsi a chi commanda. Questo (massime che, prima svaligiato e poi anche perseguitato, risarcir doveva li danni patiti) era necessitato d'aggiustarsi alla necessità. Quindi ha trasferito in Germania il viaggio, ch'esser doveva in Italia. Capitò questi mal acconcio nelle mani del Signor Barone d'Hochenperg, Cavaliere conosciuto non solo quivi, ma in Italia ancora, dove ha consumati molti anni della sua gioventù; prattico però nella lingua Italiana al pari d'ogni altro che prenda l'idioma dalla nascita. Chi glielo raccommandò, inviandolo da Roma, pregollo ancora di procurarne ogni maggiore sollievo, per sodisfazzione universale. Ha però fatto sì ch'egli compare a publica luce, senza più temere chi gl'invidiava li vantaggi delle sue glorie. Dal primo suo autore non riconosce quasi altro che il solo nome, da cui ha ricevuta fama; variato per altro in conformità delle acque, le quali cangiano natura, secondo li luoghi per gli quali passano. Alcuni ingegni vivaci hanno aggiunto buon numero di lettere, supponendo che ciò lor permettesse la qualità del libro, e avvalendosi in ciò della incertezza dell'autore, come, nella composizione, della licenza del paese. Altro non m'occorre che aggiungere, fuori di ciò che leggeasi in una protesta dell'autore, la quale andava a capo del libro, ma s'è tralasciata per essere imperfetta. Per variare le materie in queste lettere è stato necessario l'introdurne alcune, poco convenevoli ma però singolarmente curiose. È un libro fatto per gioco, là dove si pretende che altri non debba prenderlo da dovero. Gli scherzi delle lassivie non avranno forza in giudicii maturi, né si commoverà per quelli chi ha buon capo, e buona virtù. Da' sciocchi non saranno penetrati, o se pure penetrati, non sarà gran cosa che facciano traballare chi senza sodezza alcuna è qual foglia al vento. Ne' luoghi Satirichi non ha luogo, se non chi è infetto de' vizi che si condannano. A' letterati non si riserba altro, dalla miseria de' secoli, che l'autorità d'essere giudici delle altrui azzioni, per premiarle con perpetua lode, o sentenziarle ad eterna infamia ne' loro scritti. È incorrotta la giustizia della penna, perché biasimando la tirannide de' Principi o le sceleratezze d'altro grado di persone, ferisce solo chi è colpevole. Ritornano contro gli scrittori que' vituperi, che si vibrano contro d'un innocente, o virtuoso. Chi non ha buona armatura, non s'accosti a questo libro; e chi ha piaghe s'allontani, poiché saranno troppo dolorosamente esacerbate. Chi altrimente è sicuro, venga pure, certo d'esser immune da ogni offesa. In questo quadro esposto a gli occhi del mondo, sarà lecito l'osservare le condizioni de' più Grandi, poiché quelli che s'irritaranno al vedere le quivi contrafatte sembianze, daranno a vedere di conoscer ivi effigiata la propria deformità. Chi in somma si risentirà, quasi ferito, mostrarà di non avere corrazza, la quale resista a' colpi, non che gli ribatta.
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