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Ferrante Pallavicino Il corriero svaligiato IntraText CT - Lettura del testo |
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Illustrissimo ed Eccellentissimo Signore. Sì come, se il Sole non si vede, s'argomenta che sia coperto di nubi, o si conchiude essere tempo di notte, posciaché un Pianeta, fonte di luce, un luminare, originaria latebra di tutti gli splendori, una barra, che porta mai sempre non dico semiviva ma estinta l'oscurità, non può essere che manchi de' soliti pregi, decada dalle sue glorie, defraudi le ricchezze del Cielo, che della sua sfera pomposo se ne va, con passo benché veloce, riguardando se stesso nello spazioso specchio del mare, e raffigurando nuovo Narciso pare che dell'Imagine sua invaghito in quelle onde si formi sepolcro, là onde, con soverchio pregiudicio dell'universo, vedrebbesi inlanguidito, sovra un catafalco di tenebre, piangere celebrato il suo mortorio: così V.S. s'assicuri qualmente, se bene io non mi presento a lei sovente con dimostrazioni della mia servitù, non per questo resta che sia mancata l'osequiosa devozione de' miei affetti: e con questa certezza, obligando lei ancora a non privarmi della sua grazia, faccio fine, e le bacio le mani.
«Maledetto chi ha insegnato a costui il modo di scrivere — disse il Barone —: mi rassembra un Asino in Catedra, che su'l quinci e su'l quindi riformi la dettatura del Cieco d'Andria, o la scrittura del Zucchi». «Avrà imparato — soggiunse il Conte — da alcun moderno, che pure fa professione di Secretario». «Stimo più tosto — replicò l'altro — che con un centone di concetti rubbati, come usa chi scrive a' nostri tempi, egli abbia formato un miscuglio di spropositi. Sarà forse costui nel numero di quelli che non credendo alla propria ignoranza, stimano qualmente una carta vergata d'inchiostro faccia un letterato, come è costume ch'una toga faccia un Dottore». «Non posso tacere un bel motto — disse il Cavaliere — di questi Dottoracci, i quali non avendo d'uomo saggio altro che l'abito, sta loro mal acconcia la toga. Soglio dire che mi raffigurano in un sacco, là onde può dirsi che sono in sacco, quasi convinti, prima anche di disputare, e con questa insegna rimuovono ogni questione che potesse loro proporsi». «Può dunque — conchiuse il Marchese — appropriarsi a questi il proverbio di non comperar gatto in sacco, per avvertimento di non affidarsi alla dottrina posta in questi sacchi togati, la quale per ordinario non è che un inganno d'apparenza». Risero tutti, mentre il Conte richiamò la curiosità de' compagni accennando d'aver nelle mani una lettera scritta ad una dama. A prima faccia si ravvisò ch'era d'amante sdegnato. «Avrà — dissero — ingegno chi scrive, se non fintamente sarà irritato contra una donna». Così diceva:
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