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Ferrante Pallavicino
Il corriero svaligiato

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  • 3 - IL CORRIERO SVALIGIATO
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Molto Illustre Signore,

Intendo da quell'amico, che volete provedervi d'una cavalcatura per passatempo della gioventù. Ho stimato debito della mia amicizia lo scrivervi intorno a ciò alcuni avvertimenti, assicurati dall'esperienza, e dettati dall'affetto, parziale d'ogni vostro giovamento. Suppongo che simile appetito nasca in voi da una leggiadria di gamba inchinata al calzare stivale e all'andar armata di speroni di buona punta. Quando non aveste gamba in tal modo disposta, deponete il pensiero, poiché il cavalcare vi riuscirebbe o di vergogna o di noia. Non bisogna stancarsi, e il correre con salti alla monta è contrasegno evidente d'aver imparati tratti di Cavaliere.

L'usare qualche polledro gentile, rassembra trattenimento più grazioso di giovane bizarro; e ha saggi di grandezza, essendo ad imitazione di personaggi di stima. Ma il pericolo in cui si sta d'essere scavalcato, e ch'egli vi prenda sotto, come indomito e feroce, rimuove le mie suasioni da questo particolare. Una continua inquietudine, un perpetuo nitrire, un moto altiero, un trotto noioso, annovero per condizioni le quali nel cavalcare porgono tributo all'ambizione più che al gusto.

Eleggete animale di corso, di cui in varie guise potiate avvalervi ad ogni vostro compiacimento. Un buon passo ordinario è molto apprezzabile, perché se tal volta, a fine di cangiar moto, si brama un trapasso, facilmente vi si conduce. Avvertite che il cavallo non sia avvezzo all'andar di tutta carriera, stando che il cavalcare simili bestie è un arrischiarsi ad entrare in precipizii. Non dovete avvalervene in un arringo o per correre su le poste; là onde il prolongare un viaggio di delizie è un felicitare con la privazione d'incommodo quei desideri, che mai non vorrebbero giunger alla meta.

Le qualitadi d'un buon corsiero non istimo appo di voi così sconosciute, che fia di mestieri estenderne una appuntata descrizzione. Non dovete però aver la mira che a prenderlo di buona groppa, e dotato d'un portante, onde si renda delizioso il cavalcare. La grassezza non lo renda così ripieno di carne che raffreni il corso il timore di vederlo piangere con lagrime di sudore. Non sia né meno tanto smunto, che, oltre il rassembrare l'avanzo della morte, lo dimostri sepolto in una catastrofe d'ossa. Sia di buona vita, lungi da gravezza tale che per dargli moto faccia di mestieri richiamar alla vita Archimede; non però s'approssimi a stato di leggierezza, sì che facendolo credere un cadavero, l'abiliti ad esser portato a volo da' corvi.

Avvertite di non provedervi di cavalcatura la quale abbia servito a sogetto grande, perché oltre l'essere maggiore il dispendio, s'incontra talvolta la proprietà di Bucefalo, che permetteva d'esser cavalcato solo da Allessandro il Grande. Alcuni corsieri, quasi imbevuta l'ambizione de' personaggi a' quali s'assoggettirono, armano con la loro ferocia un altiero sussiego quando altri vuol dominargli. Èvvi questo pregiudicio almeno, che, avvezzi a poche fatiche, negano di sodisfare all'appetito di chi gli possede, essendo necessario servire alle lor voglie.

Abbiate a cuore l'intenzione d'avvalervene ad ogni occorrenza, in qual si sia forma e tempo può chimerizarsi, per maggiore loro aggradimento, da' desideri. Quindi per poterne fare ogni strapazzo, ricordatevi che sia giovane; non però in tale età che, senza aver avuto il maneggio, non sappia tener il freno in bocca. Chiamo disturbo, più che diletto, l'obbligo d'addomesticare una fierezza senza legge, e il dover condur un animale ad imparare le regole, allor che il gusto ne richiede la prattica.

È punto di considerazione l'osservare che sia senza vizii, il che se bene è difficile, con la cognizione però s'acquista l'attitudine al correggerli, o scansarne i danni. Questi apprendono simili bestie da chi le cavalca poco esperto nel reggerle, là dove traboccano mai sempre dietro l'inclinazione proclive al peggio. Apprendete però di non permettere ad uso d'alcun altro la vostra cavalcatura, per non esporvi a questo rischio, e per non vedervi defraudato del vostro compiacimento allor che, anelando sotto il peso d'altri, si renderà inabile al servirvi. Non v'affidate a' marescalchi e altri truffattori che servono di mezani in somiglianti vendite o compre; stando che il rubbare per sé, l'errare per voi, sono i punti de' loro inganni. Non v'invaghite del mantello, perché le apparenze tradiscono. Una vaghezza esterna corrompe mai sempre la fortuna di simili trattati, non considerandosi qualmente la cavalcatura deve servire a tutto fuori che a gli occhi. Un corpo ben formato, con indicii di robustezza, con sicurezza di gioventù, sia scopo della vostra elezzione, senza attendere in altre superflue qualitadi moltiplicati mezi per esser deluso. Molto meno vi rapisca una ricca sella o un freno dorato, perché questi ornamenti sono destinati bene spesso al valutare a rigoroso prezzo una rozza, e per far prendere una pillola amara sotto quella coperta d'oro.

Osservate d'accertarvi che sia esente da tutti que' morbi o mali che sono tanto peggiori quanto più occulti. Questi sogliono essere più ordinarii dove apparenze per altro vaghe allettano. In somma si tratta di negozio degno d'una accurata diligenza, perché, mentre cavalcate, dovete porre voi stesso in potere d'una bestia la quale può sepelirvi in un fosso, o profondarvi in un precipizio. Ricordatevi poi di moderare i vostri gusti, come che la soverchia frequenza del cavalcare inlanguidisce, e genera infermità tali che prendono per nutrimento lo stillato delle migliori sostanze. Ancorché la bestia, essendo vivace e ardita, parerà che sovente v'inviti, astenetevi, considerando che il vostro giudicio non deve secondare il genio d'un animale.

Un buon bastone serva di scettro per dominarla, posciaché gli speroni nell'atto del cavalcare sono vezzi, non punture. Sia vostra cura l'abituarla ad intendere i vostri commandi per eseguirgli, né si confonda con il vostro impero l'autorità dello stalliere, che deve servire, ma non insinuarsi in pretendere la sua ubbidienza. Per l'inosservanza di questo documento, accade che taluno di questi animali, secondando le voglie, e i cenni del servitore, dà di calcio al Padrone. Sappiate finalmente mantenere questa vostra cavalcatura mansueta e umile, quivi essendo il centro di quella libertà con cui potete avvalervene a vostro compiacimento. Ad ogni moto della vostra mano, quando cavalcate, facilmente s'aggiri, corra, s'arresti, avanzi il passo, ritiri il piede, sappia insomma rincullarsi adietro senza impennarsi, ma col capo basso camini anche alla cieca, così accennandole i vostri commandi de' quali è interprete il freno.

Quando non trascuriate, o amico, questi avvisi, v'apprenderete a condizioni le quali mai non vi permetteranno il condannare così buona spesa. Desidero che la sincerità del mio affetto truovi appresso di voi quel credito che merita. Pretendo almeno dalla vostra gentilezza quell'aggradimento che se le deve; e con ciò facendo fine affettuosamente vi baccio le mani.

 

«Dimostra costui — disse il Conte — molta esperienza nelle cavalcature, là onde bisogna che sin da' primi anni egli abbia dato di naso in questa professione».

«Nella sua gioventù — soggiunse l'altro — sarà facilmente stato al maneggio, là onde avrà apprese le qualitadi ch'egli descrive da quanto avranno richiesto in esso i maestri dell'arte».

«Parmi che abbia mancato — ripigliò il Marchese — in non insegnare il modo di ben cavalcare, accennando la necessità di tener fermo il morso in bocca alla bestia che si cavalca, il tempo pur anche di darle alcuna spinta, per veder il suo corraggio, la proporzione con cui deve procurarsi che tenga le gambe: né tanto strettamente congiunte che s'intagli, né tanto allargate che rendano deforme il caminare.

Conveniva pur anche l'avvertire della forma con cui, abbattendosi in un cavallo bizarro, deve farsegli regger la coda, sostener il capo, inarcar il collo, e sollevare la groppa».

«Non più, non più — disse il Cavaliere —, che già la vostra lezzione, o Marchese, è in corso per avanzare la dottrina della lettera».

Suscitò la curiosità di tutti una lettera collegata con una scatola di poco invoglio. Stimarono che fossero gemme, ma furono rimossi da questo credito dalla leggierezza del plico, la quale non accennava cosa di rilievo. La carta disingannò ogni loro pensiero, e mostrò ciò che era, in quella così essendo scritto:

 




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