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Ferrante Pallavicino
Il corriero svaligiato

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  • 3 - IL CORRIERO SVALIGIATO
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Illustrissimo Signore.

Una Lumaca venuta l'altro ieri per corriero del Re di Transilvania, ha rappresentata occasione di varii ragionamenti. Ha portata seco una gran valige piena d'ombre, e di chimere, regalo mandato communemente a chi, avendo il capo vuoto di cervello, pone in esso mai sempre castelli imaginarii di grandezze chimerizate. Aveva una scatola di pensieri fumanti, che faceano piangere chi sopra loro fermavasi. E questi fu detto essere parti della mente d'alcun Grande, avvezzo mai sempre al formar machine, dalle quali s'arroccano danni, e sciagure a chi vive loro vicino. Teneva in un cinto legate alcune dramme, ch'erano quello per appunto, col mancamento delle quali non facendo aggiustato il peso, gli orefici, e gli speziali compiscono le loro ladrerie. Disse il corriere esservi una gran cassa d'oncie, e di lire, a proposito degli altri mercanti, ma questa essere rimasta a dietro per lo concorso grande di quelli ch'aspiravano ad usurparne gran parte. Non altrimente affermò essere succeduto d'una soma d'ingiustizie, di rapine, di crudeltadi, solite ad usarsi da' Principi; merci delle quali aveva fatto spaccio nel viaggio, assalito in ogni luogo da' regnanti, o da' loro ministri. Un fascio di cucumeri inventati, riserbavasi per le Cittadi principali d'Italia, ove hanno molto credito alcuni ignorantacci aggraditi da' maggiori, in modo che gli admettono nelle mense, facendosene pasto delicato, il quale serve d'insalata. In questa parte pure sperava guadagno vantaggioso sopra alcune pillole fatte di vento, come che molti sono quelli li quali con l'ambizione procacciano nutrimento, e medicina, gonfii mai sempre non d'altro che d'aura di superbia. Aveva buon traffico in alcuni rostri d'Aquila salati, molto aggradevoli a chi esercita questi uncini, che rapiscono li Ganimedi. Non era di minor vantaggio un otre di denti di Lupo in aceto, buoni contra la corruzzione de' costumi del nostro secolo, potendo giovare all'ammollire la crudeltà di quelli, che con voracità spietata lacerano il tutto. Si dolse di non aver trattenute anche per gli nostri paesi alcune corna invisibili, scusandosi in questo con la necessità, che l'aveva astretto a lasciarle tutte in Germania. Non ancora aveva disciolto un groppo di voci collegate strettamente con alcune funicelle, le quali erano le viscere d'alcuni, che angustiati, e oppressi, permettono d'essere sviscerati, più tosto ch'esalare in esclamazioni di querele li loro tormenti, essendo grandi quelli che gli molestano, onde bisogna morire tacendo. Aveva alcune braccia di tela, fatta di filetti di lingue di Papagalli, e questa doveva servire al far colari ad alcuni, che con pompa di ciancie, senz'altro merito, compariscono fortunati, massime nelle corti, ove ciurmatori, comedianti, musici, e altri di somigliante canaglia, che dispensa solo voci, hanno felicissimi incontri. Portava similmente un drappo senza dritto e roverscio, intessuto de' peli delle narici di Buffalo. Dovevano farsene abiti di grande stima gli adulatori, per volgersi in ogni parte, e sempre servire al compiacimento de' Principi. Sopra tutto sperava di dover dispensare numerosa quantità di palpebre di Basilisco, posciaché tutte le donne avrebbero eletto di farne manto a gli occhi propri. Non altrimente alcune coste di grilli avrebbero incontrata la sodisfazzione di molti, i quali hanno ripieno il cervello di questi animali saltellanti, facendo del proprio capo un prato di Primavera. Quattro denti di pulice erano riserbati per un maligno abitante costà, il quale si diletta di mordere sotto coperta. Volevo che rimanessero in questa Città, ove pure non mancavano persone di sì buon trattenimento. Scusò la negativa coll'essere quel tramesso inviato particolarmente, affermando ch'in tutti i luoghi avrebbero avuto spaccio grande, preservati anzi difficilmente dalla rapacità de' Grandi, li quali pure hanno per costume il sugger celatamente l'altrui sangue. Si dolse ancora il corriere di non aver fatta molta provisione di midolla d'anguille, per alcuni che hanno capriccio di poter far uscire acqua da' sassi, e trarre sostanza dal niente. Eccederei di soverchio li termini di brevità necessaria in una lettera, se con puntuale ragguaglio volessi avvisare Vostra Signoria di quanto ha portato seco questa Lumaca. All'arrivo di lei medesma costà, il quale sarà presto, caminando alle poste sue ordinarie. Vostra Signoria rimarrà meglio informata delle maraviglie ch'ella va dispensando. In alcune scatolette di frodi finissime, di furberie soprafine, di tradimenti ammantati, di finzioni colorite, d'ipocrisia scelerata, di costumi pessimi, ha groppi di gran valsente, de' quali farà mostra in cotesta Città, ove simili galanterie sono in molto pregio. Avverta di non incapricciarsi di certi cancari, e malanni, intessuti in guisa che con grande attrattiva si fanno desiderabili. Questi sono le grandezze delle corti, e le bellezze delle femine, nelle quali mentre ci affidiamo alle apparenze, col dispendio della vita, e d'ogni nostro avere acquistiamo sciagure, e talor anche la morte. Non s'invaghisca né meno d'alcune picciole stanze, fatte d'aria a requisizione di chi con orgoglioso sussiego vanta posto sublime, stando che l'abitazione, e l'abitante divengono improvisamente ad un tratto scherzi del vento, e ne' loro precipizii termina il gioco. La sua prudenza non ha bisogno d'avvertimenti, e io ho debito di terminare una volta questa diceria. Finisco però col ricordarmele servitore, e le baccio le mani.

 

«Parmi — disse il Conte — sproposito maggiore d'ogni altro, l'assegnare per corriero una Lumaca in tempo nel quale anche li più saggi fanno correre gli spropositi a volo di colomba».

«Trattandosi di manifestare veritadi, benché palliate, non poteva — soggiunse il Marchese — avvalersi d'altro messaggiero più veloce, perché la verità non può che caminare con passi lenti nel mondo, mentre viene perseguitata da' più Grandi».

«Per questa causa — ripigliò il Barone — è stato di mestieri a chi ha scritta questa lettera il fingersi pazzo, come che ad altri non si concede lo scuoprir il vero, e chi ha giudicio tiene obligo di nasconderlo a fine di non precipitare nello sdegno de' Principi».

«In conformità di ciò — disse il Cavaliere — conviene che tutti gli uomini da bene si trattino come Lumache, andando sempre con buono scudo, e avendo un campo di ritirata, per celarsi ad ogni intoppo, ch'affrontano sovente, se bene hanno un passo tardo per la maturità della prudenza».

«Se questa somiglianza — ridisse il Conte — deve confrontarsi, bisognare che tutti gli uomini da bene abbiano le corna».

«Non sarebbe difficile — replicò l'altro — l'aggiustare questa proporzione. Ma non vi si rammenta il detto de' Filosofi, che le similitudini non devono correre quatuor pedibus? Il che tanto più sarà vero di questa mia, fondata sopra d'una Lumaca, la quale non corre, e non ha un piede, non che quattro».

«Il commento d'una lettera di spropositi — disse il Marchese — ben doveva terminarsi con uno sproposito; avendo però sodisfatto a questo debito il Cavaliere, passiamo ad altra materia».

Aperse però egli stesso, in altro foglio, nuovo campo a' loro discorsi. Così lesse:

 




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