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Ferrante Pallavicino
Il corriero svaligiato

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  • 3 - IL CORRIERO SVALIGIATO
    • -27-
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Cuor mio.

Mi confonde il considerare la sinistra fama ch'acquistano al nostro sesso gl'inganni di molte donne, le quali co' loro tradimenti discreditano la sincerità delle altre. Dubito pure mai sempre, o mia vita, ch'in paraggio d'altre femine, mi giudichiate simulata nell'amarvi, onde non si contracambi da voi l'ardore de' miei affetti. Oh Dio, guardimi il Cielo da tanta sciagura! Lasciarò d'essere, non che d'esser donna, quando ciò pregiudichi al desiderio che tengo d'essere riamata. Se dal grado di donna non può scompagnarsi il concepir frodi, e tradimenti, privarommi di vita per abbandonare quelle condizioni, dalle quali fatta infelice amante, sarei miserabile più de' dannati. Avvertite, o mio bene, di non permettere luogo all'ingratitudine, o alla crudeltà, sotto il pretesto di simile credito, altrimente ingiusto, mentre nella purità d'una mente fedele, possono conoscersi aboliti mancamenti communi. Il vostro volto ben può persuadervi lontani in chi v'adora li tradimenti, troppo sacrileghi, allor che offenderebbero la Divinità di quel bello per cui conviene essere senz'anima a chi presume spirito per disprezzarlo. Quanto meno frequente, tanto più prezioso è l'amore di donna, a proporzione degli oggetti, che crescono di pregio mancando nella quantità. Non può fingere chi ama una bellezza, la quale non può non amarsi. Vi giudico inabile al concepire la veemenza delle mie passioni, le quali per aggirarsi nella contemplazione del vostro viso, vanno torchiando l'anima mia con l'espressione d'ogni più pura sostanza. Assicuratevi qualmente non può esser feminile, cioè a dire inconstante, quell'amore che ha per base un Firmamento stellato, quali sono le vostre Celesti vaghezze. Non può corrompersi, o consumarsi l'affetto che ha per sede il Cielo della vostra faccia, e per sfera il lume della vostra virtù. Risolvete dunque di non disperare le mie contentezze, mentre voi potete sperare ogni sodisfazzione dell'impiego delle vostre grazie in amarmi. A ciò v'obligarei sotto pretesto del debito, con cui v'astringe alla corrispondenza il fervore dell'anima mentre essa si strugge in adorarvi. Ma so che non può obligarsi ogetto Divino, né può legarsi la grandezza del vostro merito, che col debito di pietà, convenevole a' miei tormenti. Di questa vi supplico in rimedio di quelle ferite che, come sono state formate da' raggi della vostra beltà, così devono sanarsi dagli eccessi della vostra gentilezza.

 

«La lettera di costei — disse il Cavaliere — avrebbe necessità d'una autorevole testimonianza, per confermare vero ciò che scrive. Altrimente è difficile il credere amore in donna».

«Quasi che — soggiunse il Marchese — non debba stimarsi ordinario nella femina il vizio d'una sfrenata passione, come proprio è di lei qual si sia altro mancamento».

«Chi condanna amore — ripigliò il Conte — dà saggio di più sregolati affetti, non concertandosi meglio in altra armonia le vane note, nelle quali va concordando l'animo nostro l'inequietudine de' suoi diversi pensieri, e variati voleri».

«V'intendo o Conte — disse sorridendo il Barone —, e ben m'avveggo qualmente chiamando amore armonia, avete mira alle sfere, l'armonia delle quali in Cielo è la più aggiustata d'ogni altra terrena».

Avvertirono li compagni dove colpiva la facezia del Barone. Quindi dopo l'aver beffato il Conte su questo particolare, che nondimeno era esercizio proprio di ciascun d'essi, fu principiata la lettura di nuova lettera, la quale era del seguente tenore:

 




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