(MONTERONE (dall'interno): Ch'io
gli parli.
DUCA (Entrando): No.
MONTERONE (avanzando): Il voglio.
TUTTI: Monterone!
MONTERONE (fissando il Duca, con
nobile orgoglio): Sì, Monteron... la voce mia qual
tuono
Vi scuoterà dovunque...
RIGOLETTO (al Duca,
contraffacendo la voce di Monterone): Ch'io gli
parli.
(Si avanza con ridicola gravità.)
Voi congiuraste contro noi,
signore,
E noi, clementi invero,
perdonammo...
Qual vi piglia or delirio... a
tutte l'ore
Di vostra figlia a reclamar
l'onore?
MONTERONE (guardando Rigoletto
con ira sprezzante): Novello insulto!... Ah sì, a turbare
(al Duca)
Sarò vostr'orge... verrò a
gridare,
Fino a che vegga
restarsi inulto
Di mia famiglia l'atroce insulto.
E se al carnefice pur mi darete,
Spettro terribile mi rivedrete
Portante in mano il teschio mio
Vendetta chiedere al mondo e a
Dio.
DUCA: Non più, arrestatelo.
RIGOLETTO: È matto.
CORO: Quai
detti!
MONTERONE (al Duca e Rigoletto):
Oh, siate entrambi voi maledetti.
Slanciare il cane al leon morente
È vile, o Duca... E tu serpente,
(a Rigoletto)
Tu che d'un padre ridi al dolore,
Sii maledetto!
RIGOLETTO (da sé, colpito): (Che
sento! orrore!)
TUTTI (meno Rigoletto): O tu che
la festa audace hai turbato,
Da un genio d'inferno qui fosti
guidato;
È vano ogni detto, di qua
t'allontana,
Va, trema, o vegliardo, dell'ira
sovrana...
Tu l'hai provocata, più speme non
v'è,
Un'ora fatale fu questa per te.
(Monterone
parte fra due alabardieri; tutti gli altri seguono il Duca in altra stanza.)
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