ATTO
TERZO
Deserta sponda del Mincio. A
sinistra è una casa a due piani, mezzo diroccata, la cui fronte, volta allo
spettatore, lascia vedere per una grande arcata l'interno d'una rustica osteria
al piano terreno, ed una rozza scala che mette al granaio, entro cui, da un
balcone, senza imposte, si vede un lettuccio; il muro poi n'è sì pien di fessure, che dal di fuori si può facilmente
scorgere quanto avviene nell'interno. Il resto del teatro rappresenta la
deserta parte del Mincio, che nel fondo scorre dietro un parapetto in mezza ruina; al di là del fiume è Mantova. È notte.
Gilda e Rigoletto inquieti sono
sulla strada. Sparafucile nell'interno dell'osteria,
seduto presso una tavola, sta ripulendo il suo cinturone senza nulla intendere
di quanto accade là fuori.)
RIGOLETTO: E l'ami?
GILDA: Sempre.
RIGOLETTO: Pure
Tempo a guarirne t'ho lasciato.
GILDA: Io l'amo.
RIGOLETTO: Povero cor di
donna!...
Ah, il vile infame!...
Ma avrai vendetta, o Gilda!...
GILDA: Pietà, mio padre...
RIGOLETTO: E se tu certa fossi
Ch'ei ti tradisse, l'ameresti
ancora?
GILDA: Nol
so, ma pur m'adora.
RIGOLETTO: Egli?...
GILDA: Sì.
RIGOLETTO: Ebbene, osserva
dunque.
(La conduce presso una delle fessure
del muro, ed ella vi guarda.)
GILDA: Un uomo vedo.
RIGOLETTO: Per poco attendi.
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