(Il Duca, in assisa di semplice
ufficiale di cavalleria, entra nella sala terrena per una porta a sinistra.)
GILDA (trasalendo): Ah, padre
mio!
DUCA (a Sparafucile):
Due cose e tosto...
SPARAFUCILE: Quali?
DUCA: Una stanza e del vino...
RIGOLETTO: (Son
questi i suoi costumi!)
SPARAFUCILE: (Oh, il bel
zerbino!)
(Entra nella stanza vicina.)
DUCA: La donna è mobile
Qual piuma al vento,
Muta d'accento - e di pensiero.
Sempre un amabile
Leggiadro viso,
In pianto o in riso, - è menzogner.
È sempre misero
Chi a lei s'affida,
Chi le confida - mal cauto il
cor!
Pur mai non sentesi
Felice appieno
Chi sul quel seno - non liba
amor!
SPARAFUCILE (rientra con una
bottiglia di vino e due bicchieri che depone sulla tavola, quindi batte col
pomo della sua lunga spada due colpi al soffitto. A quel segnale una ridente
giovane, in costume di zingara, scende a salti la scala. Il Duca corre per
abbracciarla, ma ella gli sfugge. Frattanto Sparafucile,
uscito sulla via, dice a parte a Rigoletto.):
È là il vostr'uomo... viver dee o
morire?
RIGOLETTO: Più tardi tornerò
l'opra a compire.
(Sparafucile
s'allontana dietro la casa verso il fiume.)
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