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Francesco Maria Piave Rigoletto IntraText CT - Lettura del testo |
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Scena Sesta. Detti ed il Conte di Monterone
(MONTERONE (dall'interno): Ch'io gli parli. DUCA (Entrando): No. MONTERONE (avanzando): Il voglio. TUTTI: Monterone! MONTERONE (fissando il Duca, con nobile orgoglio): Sì, Monteron... la voce mia qual tuono Vi scuoterà dovunque... RIGOLETTO (al Duca, contraffacendo la voce di Monterone): Ch'io gli parli. (Si avanza con ridicola gravità.) Voi congiuraste contro noi, signore, E noi, clementi invero, perdonammo... Qual vi piglia or delirio... a tutte l'ore Di vostra figlia a reclamar l'onore? MONTERONE (guardando Rigoletto con ira sprezzante): Novello insulto!... Ah sì, a turbare (al Duca) Sarò vostr'orge... verrò a gridare, Fino a che vegga restarsi inulto Di mia famiglia l'atroce insulto. E se al carnefice pur mi darete, Spettro terribile mi rivedrete Portante in mano il teschio mio Vendetta chiedere al mondo e a Dio. DUCA: Non più, arrestatelo. RIGOLETTO: È matto. CORO: Quai detti! MONTERONE (al Duca e Rigoletto): Oh, siate entrambi voi maledetti. Slanciare il cane al leon morente È vile, o Duca... E tu serpente, (a Rigoletto) Tu che d'un padre ridi al dolore, Sii maledetto! RIGOLETTO (da sé, colpito): (Che sento! orrore!) TUTTI (meno Rigoletto): O tu che la festa audace hai turbato, Da un genio d'inferno qui fosti guidato; È vano ogni detto, di qua t'allontana, Va, trema, o vegliardo, dell'ira sovrana... Tu l'hai provocata, più speme non v'è, Un'ora fatale fu questa per te.
(Monterone parte fra due alabardieri; tutti gli altri seguono il Duca in altra stanza.)
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