Solevano i
Lacedemonii, umanissimo messer Carlo mio, quando alcuno
loro figliuolo nasceva o di qualche membro impedito o delle forze debile,
quello esponere subitamente, né permettere che in vita fussi riservato,
giudicando tale stirpa indegna di Lacedemonia. Così desideravo ancora io che la
fabula di Orfeo, la quale a requisizione del nostro
reverendissimo Cardinale Mantuano, in tempo di dua giorni, intra continui
tumulti, in stilo vulgare perché dagli spectatori meglio fusse intesa avevo
composta, fussi di subito, non altrimenti che esso Orfeo, lacerata: cognoscendo
questa mia figliuola essere qualità da far più tosto al suo padre vergogna che
onore, e più tosto apta dargli maninconia che allegrezza. Ma vedendo che e voi
e alcuni altri troppo di me amanti, contro alla mia volontà in vita la
ritenete, conviene ancora a me avere più rispetto allo
amor paterno e alla voluntà vostra che al mio ragionevole instituto. Avete però
una giusta escusazione della voluntà vostra, perché essendo così nata sotto lo auspizio di sì clemente Signore, merita essere exempta da
la comun legge. Viva adunque, poi che a voi così piace; ma bene vi protesto che
tale pietà è una espressa crudelità, e di questo mio
iudizio desidero ne sia questa epistola testimonio. E voi che sapete la
necessità della mia obedienza e l'angustia del tempo, vi priego che con la
vostra autorità resistiate a qualunche volessi la imperfezione
di tale figliuola al padre attribuire. VALE.
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