ALL'EGREGIO ED ONORANDO UOMO
DOMENICO ABATEMARCO
PARI DEL REGNO,
CONSIGLIERE DELLA CORTE SUPREMA DI GIUSTIZIA, PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE DEGLI
ESAMI PER GLI UFFIZII DE MAGISTRATURA, ec. ec.
ALESSANDRO DE MANDATO
Egli non è gran tempo, egregio
signor Consigliere, che ebbi tra mano il Comentario della congiura de'
Pazzi di Angelo Poliziano; il quale per quanto sia breve, e piccolo di mole, altrettanto
è squisito ed aureo lavoro. Or io in leggendolo tal sapore assaggiai d'ogni
maniera di eleganze, e di latine bellezze, che se io
non avessi saputo né della storia di Firenze, né del Poliziano, avrei questa
scrittura con quelle del buon secol d'oro di Roma di
leggieri scambiato; onde io senza punto stancarmi, od infastidirmi, l'ho tutta
da capo a fondo più volte discorsa.
Se non che di tanto momento trovai esser quella
narrazione, che il desiderio mio di leggerla e pienamente gustarla quello di molti
parea. Dappoiché in questa
Congiura de' Pazzi non pure la nobiltà e l'ornamento della forma, la esecuzion del lavoro, la descrizione e la dipintura infine
dell'indole di ciascun personaggio con profondo giudizio ed arte ravvisiamo
descritto, ma egli ci è cosa di assai maggior momento, che da me si pensava. Il
decimoquinto secolo, come fu principio di civiltà e
d'italiano risorgimento, fu altresì momento per le umane passioni e
vicissitudini il più sconvolto e difficile. L'odio, l'ambizione, e l'invidìa, prima dentro della famiglia alimentata e nudrita, e poscia tutta una cosa rendutasi
con l'uomo, non rimase giù una semplice parola, ma sibbene
un fatto. Allora spento il lume dell'intelletto, ed attizzato nel cuore il
fuoco della discordia, non rimase che una lotta aspra e feroce, un incrudelir
tra l'uomo e l'uomo; e, quel che è peggio, fuor di
ogni scopo o ragione, le vie di sangue fraterno inumanamente bagnare, e
abbandonarsi ad ogni maniera di delitti e di stragi cittadine.
Tale generazion
di fatti seguirono allora infelicemente in Italia; ed assai volte all'odio
delle famiglie, succedeva quello de'
municipii, e con esso traeva pure quella fatalità
tremenda delle italiane discordie, che per più secoli i popoli della penisola
indebolirono e tenner divisi. La
qual cosa mentre al di dentro ogni sostanza e cittadina virtù consumava,
rendeva al di fuori la terra del sorriso e della potenza, serva e facile preda
dello straniero. Il perche l'ambizion delle famiglie, e la
licenza de' loro partigiani, è stata, e sarà mai
sempre, la peste di questo infelice paese; e, anzi che prosperità, e libera
gloria, gli arrecò perennemente danno gravissimo, e lunga serie di sciagure e
di guai. Di fatti Angelo Poliziano in questo suo comentario
non fa che descriverci una terribile catastrofe, seguita tra due delle più
nobili fiorentine famiglie; e con vivi colori ti dipinge innanzi agli occhi
quel fatto, in cui di leggieri tu vedi tutti gli
intrighi d'un odio e di una ambizione già adulta, la quale, non si potendo più
contenere, trasmoda, e va potentemente a gittarsi in
preda ad ogni maniera di eccesso e di scelleraggine.
Nel qual lavoro, salvo la forma, anzi che una semplice narrazione, io ci ravvisouna per fetta tragedia; ove le passioni ed i grandi
affetti dalla situazion del dramma e dall'indole di
ciascun personaggio, e non da altra fonte, muovono e traggono origine. Il che
siccome dalla congiura di Catilina scritta da
Sallustio si ritrae, così pure nella congiura de' Pazzi con assai
magistero e splendore si ammira. E qui, per toccare alcun poco della forma,
allegar potrei gli esempii dell'uno e dell'altro
scrittore, e metterli in paragone tra loro, ne' quali
(comeché per molti secoli, e per varie ragioni fra
loro distanti) osserveremmo lineamenti tali, e tale affinità e simiglianza nel descriver le diverse indoli degli uomini,
che difficil cosa sarebbe che, non sapendo altri né de' Pazzi, né del Poliziano, volesse questa scrittura a' tempi moderni attribuire.
Egli è cosa veramente maravigliosa, che il Poliziano, giovane appena di
ventiquattro anni, avesse tale profondo giudizio, da
condurre un sì perfetto lavoro. Né meno certo è da ammirare la squisitezza del
latino gusto, e la maestria in saperne le più arcane e fine
bellezze raccogliere; sì che non pure maestrevolmente imita, ma uno
altresì de' più stupendi scrittori del buon secol d'oro ti par leggere. Onde bene s'avvisò il
dottissimo Vossio di solennemente dichiarar e,
parlando del Cementano del Poliziano1: che una
prosa così eccellente, e di stile sì grave e pulito, da nessuno, salvo che dal
solo Tullio, dettar si potea. Gli è questo adunque un esempio nobilissimo da proporre a'
giovani, perché veggano di leggieri come nell'idioma
latino vanno messe le cose moderne; e come non pure negli antichi è facile
incontrar la purezza dell'oro, e le grazie delle eleganze; ma ne' novelli
scrittori altresì, e segnatamente nel Poliziano, ci ha gran dovizia d'esempio
di stile ornatissimo e splendidissimo.
Or che parrà egli a voi, chiarissimo signor Consigliere, questo mio volgarizzamento,
il quale com'egli sia uscito, ed in quali giorni, più voi, che sapete l'animo mio, potete conoscere, che io significarlo?
Solo vi dico che, per cessar la noia e la tristezza, di che nel passato verno veniva preso, cercai modo a
deviarla ed alleggerirla, passandomela dì e notte insino
a tutta questa primavera con Angelo Poliziano. La cui traduzione com'ebbi
mandata a fine, molte egregie persone e carissimi amici mi confortarono a
pubblicarla, argomentandosi che grande giovamento trar ne potrebbero i meno conoscitori del latino
linguaggio, e gravi documenti di storia verrebbero ad apparare.
Il perché io, veggendo il po' di bene che pure
arrecar potea, mi feci ardito a darlo per le stampe, comeché ben conoscessi quanta
lontananza e disparità sia dal ritratto alla copia. Ciò nondimeno, dipoi che è
fatto il lavoro, poco rileva; perciocché chi come voi sa
pienamente, quanta difficoltà sia nel voltar le forme latine nel toscano
idioma, e massime del Poliziano, non pure i falli perdona, ma inevitabili
parimente li crede, e pressoché impossibile tenersene lontano. La quale
malagevolezza, quale sia, ed in che sia riposta, in tutte le lingue si ravvisa,
come per lungo tempo apparai nella scuola di Basilio Puoti, carissimo amico vostro, e che voi avevate in tanto pregio
ed onoranza; la cui affettuosa e pia rimembranza l'un dì più che l'altro m'educai a nudrir con amore, e
teneramente alimentare.
Ma io vi ho troppo
intrattenuto, onorandissimo signor Consigliere, e
troppo mi son dilungato in parole; se
non che io avea in animo di intitolarlo a voi
questo mio volgarizzamento; a voi, che a' pregi
antichissimi di famiglia si congiungono eziandio
memorie recenti, e troppo gloriose. Il guai mio picciol lavoro vi prego che siate contento di accettarlo;
e, per quanto è in me di stima e di amore verso di voi, a venirlo tutto
considerando vi esorto; ché, se all'aspettazion
vostra in tutto non risponda, e voi allora in cambio del dono vogliate tener
conto del donatore, il cui animo faceavi presente
guanto egli potea maggiore. Il che facendo, voi addimostrerete non pure che mi avete caro, e avete a cuore
le povere cose mie, ma e queste da voi riconosceranno ogni favore e grazia; e
così sarete ad un'ora il proteggitore ed il
benemerito del servidor vostro, come di già siete
della patria e delle lettere. E vivete felice.
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