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ALLA MUSA
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Era l'estate e
l'alba - un'alba pura
di amaranto, di
viola e di carmino -
parean soli olezzar
nella natura
la viola e il
gelsomino.
Dissi alla Musa : -
Usciamo, andiam nei prati!
Di illusïoni
abbellirà la strada
il ronzìo degli
insetti spensierati
che imperla la
rugiada.
La abbellirà la
placida melode
che è il benvenuto
della terra al sole,
fruscìo di selve,
mormorìo di prode,
mirifiche parole!
Ma tu più bella
d'ogni Bello, o Diva,
la abbellirai
cantando! Andiam nei prati.
E intorno a noi si
susurri: «...Giuliva
coppia di innamorati!».
-
Deh! resta, resta,
o santa Musa, il mio
immacolato amor!
l'ultimo... eterno,
se un inganno non è
l'occhio di Dio
che nelle tombe io
scerno.
Siam da tempo
compagni! e fu la bella
allegria dei
fanciulli il nostro invito:
fu certo un cenno
della mia sorella
che di me ti ha
invaghito,
o un sospir di mia
madre! - Ero un intruso
di cui dicean «
morrà presto», ero un bimbo
pallido e biondo e
tutto in sé racchiuso,
quasi agognante al
limbo;
un'arpa eolia a cui
l'aura mancava!...
Musa, a mia madre
tu ti festi ancella,
mi apparisti nei
dolci occhi dell'ava
e della mia
sorella...
E fui poeta. - Un
povero poeta
di te indegno, o
divina; un sognatore
cui mancâr l'ali
alla celeste meta,
ma non mancò
l'amore!
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