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MONACI E CAVALIERI (AD ARRIGO BOITO)
PROLOGO
Se fosse nostro,
Arrigo, il secol bello
della fervida fede
e dell'amore,
pensa che tu
saresti un menestrello
di nordici lïuti
animatore,
un giovin paggio
tutto pallido e
biondo e triste e altero.
Però sul tuo
passaggio
castellane, baroni
e giovinetti
sorridendo dirian:
« Dolce straniero
cui fan guerra gli
affetti,
e il lungo peplo
del pòeta ammanta,
fermati, e canta!».
Se fosse nostro, Arrigo,
il secol bello
della fervida fede
e dell'amore,
pensa ch'io sarei
forse un fraticello
di tavole e di
dogmi indagatore,
e che vivrei
contento
scordando l'ora e
contemplando il poi!
Però del mio
convento
tu verresti a
fermar spesso alle grate
il più tranquillo
dei morelli tuoi,
e, per le vaghe
arcate,
mediteremmo insiem
messale ed arpa,
cilizio e ciarpa.
Inganniamo il
destino: in una queta
stanzuccia di
villaggio ecco la cella,
cella di solitario
e di poeta!
- Da qui, fra l'oro
delle bionde anella,
rivedo chine le tue
gote smorte
sul pianoforte.
Leggi ancora
Marcello ogni mattino?
Io vo a spasso col
vescovo Turpino:
è un vecchio strano
e pazzo
che mi parla in
latino.
Gli fan codazzo
torri di foco e
sibilanti draghi
e fantasimi e
maghi,
e paladini e fate
innamorate.
Sulla sua mitra
poi, spesso, pian piano,
compare un nano.
E il bel mar degli
azzurri e delle calme
si popola di
chiostri e di romiti,
ed ecco Abido e il
suo serto di palme,
e il tempio di
Memnone, e i monoliti,
e lontan, per le
sabbie e fra gli abissi,
i crocefissi!
Oh! pallidezze,
aureole, visioni,
amicizie
coll'aquile e i leoni,
o colloquii con
Dio,
o lotte, o
tentazioni!
O templi, o tombe
di profondo oblio,
o monaci guerrier,
monaci maghi!
O visi smunti in
mezzo a pergamene
e cantilene!
o intenti, al suon
dei bronzi e dei flagelli,
penne e
pennelli!...
Per gli occhi
tristi della donna mia,
per l'amicizia
degli amici buoni,
per l'allegrezza e
la malinconia,
e per l'affetto
delle mie canzoni
io dico e giuro
che nel mondo ho
vissuto un'altra volta!
E fu in quel tempo
oscuro,
e credetti e
pregai, forse in delirio,
conie i bimbi e le
vergini che han colta
la palma del
martirio!...
Un soffio, ahimè!
dell'anima d'allora
m'agita ancora...
M'agita ancora una
pietà prodonda,
e, dal cinico
ingegno al cor devoto,
il desiderio
dell'Iddio m'innonda!...
Ma l'Iddio del mio
tempo è il Nume Ignoto,
ma sull'altare
ride l'augure
ancora e il sofo piange!
Arrigo, odo cantare
l'organo della
chiesa... , è dì di festa:
l'armonia che al
mio tavolo si frange
mi conturba la
testa...
Non ti dissi che
vivo in una cella ?...
- Musa, favella!
Noli (Riviera di Ponente) 1864 .
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